Capita con una certa frequenza di incontrare escursionisti, giovani e meno giovani che fanno stretching prima, durante o dopo un’escursione. Ma ci siamo mai chiesti cosa serve veramente al nostro corpo per affrontare al meglio un’escursione anche impegnativa? Siamo sicuri che la pratica di allungamento muscolare sia una risposta valida allo sforzo? Innanzi tutto dobbiamo chiarire che l’escursionismo non è uno sport. Detto questo, sebbene esistano percorsi anche molto impegnativi e camminare molte ore possa risultare faticoso, la pratica di allungamento muscolare incide positivamente sul nostro benessere in misura molto ridotta. Quello che nella mia esperienza ho invece notato e che ha per me un valore fondante in questo discorso sono le difficoltà di mobilità che spesso si riscontrano (soprattutto a partire da una certa età, ma non solo) in persone anche molto abituate a camminare in montagna. Queste carenze motorie, soprattutto a livello dell’asse anca-bacino, unite a posture scorrette, non solamente aumentano in modo considerevole la fatica durante l’escursione, ma rendono più difficili da superare piccoli/grandi ostacoli che incontriamo lungo il sentiero. Una scarsa competenza motoria e mobilità articolare incidono in maniera radicale sull’equilibrio e , ad esempio, sulla sicurezza con la quale affrontiamo tratti esposti, discese ripide, pietraie. Insomma in realtà qualcosa per migliorare l’esperienza del cammino esiste, ma non è nella direzione del classico allungamento, quanto nell’acquisizione di capacità motorie in senso di mobilità. Esistono intere discipline che si occupano dell’acquisto di capacità motorie da spendere in ambienti outdoor e tutte passano per un principio fondamentale: il sistema di movimento fine a se stesso (l’esercizio da palestra, per intenderci) manca di una funzionalità di base , ossia la “spendibilità” nella vita reale, in questo caso nell’atto di camminare in ambienti con molte variabili di terreno, alcuni ostacoli, numerosi “problemi motori” da risolvere. Spesso si incontrano alberi caduti lungo il sentiero, ruscelli da guadare, massi da superare, piccoli salti, tratti particolarmente scoscesi su cui issarsi. E qui cominciano le difficoltà. Se non si hanno le competenze motorie adeguate tutti questi ostacoli rischiano di diventare impattanti sulla nostra escursione, a livello di fatica, di rischio infortunio, di necessità di aiuto da parte di altri. Come dicevamo esistono alcune discipline che approfondiscono queste tematiche, ma in questa sede mi premeva segnalarvi praticamente tre esercizi di mobilità che permettono in tempi molto rapidi di acquistare una buon controllo della mobilità dell’anca-bacino. Non si tratta di un allenamento, ma di alcuni suggerimenti che ciascuno potrà approfondire se vuole una volta testata l’efficacia di questo approccio.
Praticare esercizi di mobilità un paio di volte a settimana, soprattutto in vista di un’escursione o di un cammino rende molto più facile affrontare percorsi anche parecchio impegnativi. La sicurezza nel muovervi in ambiente naturale, la facilità con cui riuscite a farlo, la capacità di superare gli ostacoli non sono doti innate, ma possono essere allenate e migliorate attraverso un esercizio costante. Ecco tre esempi che possono darvi una mano in questa direzione.
1) Il side bent side reverse (figure 1 – 3)
Si tratta di un esercizio molto utile per la mobilità articolare. E’ un cambio di direzione (prevalentemente delle ginocchia) dalla posizione di bent side sinistro (fig.1) a quella di bent side destro (fig. 3), la difficoltà sta nel non muovere i piedi mantenendoli sempre sullo stesso spazio.
2) Figure Four get up (figure 4 – 6)
anche questo esercizio è di grande giovamento per la mobilità del tratto anca-bacino, e opera principalmente nella direzione sagittale. Una gamba rimane flessa con la pianta del piede che poggia a terra, l’altra aderisce lateralmente al suolo leggermente sotto la prima. La parte superiore del corpo si sporge in avanti per cambiare il baricentro e così facendo ci si alza in ginocchio. Inizialmente può risultare un po’ ostica, ma capito il meccanismo risulta molto meno difficoltosa.
3) Il Tripod Transition (figure 7 – 9)
Questo esercizio unisce propriocezione e equilibrio, oltre che una buona dose di mobilità in torsione. Nella posizione di partenza, oltre a tenere la schiena dritta, bisogna ricordarsi che le ginocchia sfiorano, ma non toccano il suolo. Facendo leva esclusivamente su due arti (braccio-gamba) opposti, si opera una torsione laterale fino a portare il petto verso l’alto e la gamba sollevata stesa in avanti.
Come abbiamo detto esistono numerose discipline che permettono di migliorare la capacità di muoversi in ambiente naturale. Quelli suggeriti sono solamente pochi esempi (presi dal MovNat), forniti per dare un primo approccio ad un’idea diversa dell’escursionismo. Pur non trattandosi di uno sport la componente fisica è rilevante (ci spostiamo con il nostro corpo) ed una maggior consapevolezza e duttilità di questo ci aiuterà a camminare meglio, con meno fatica e più sicurezza anche in ambienti particolarmente accidentati. Inoltre ritengo sia importante veicolare il messaggio che quanta più efficienza ha il nostro corpo in un contesto, tanto più sarà in grado di adattarsi ad esso, avvicinandoci a quell’armonia con la natura che invidiamo in popolazioni che in natura vivono ogni giorno.