Sul monte Cuar per dominare la valle del Tagliamento

Il bello della valle del medio Tagliamento, quella che orientativamente si trova tra Venzone e Pinzano al Tagliamento, è che il fiume si trova ad attraversare territori con una altitudine sul livello del mare piuttosto bassa, contornati di montagne le cui vette non raggiungono grandi sommità, ma che per il forte dislivello rispetto al principale corso d’acqua che le attraversa permettono di bearsi gli occhi con panorami eccezionali.

Principe fra questi monti è il Cuar, che in lingua friulana significa corno, come la forma che tende ad assumere la sua parte sommitale.

Dalla cima del Cuar si gode di un panorama che dà sul Tagliamento che scende da Trasaghis verso quella particolare mezzaluna che è il monte di Ragogna, da una parte si arriva a vedere l’intero specchio del Lago di Cavazzo e dall’altra tutta la val d’Arzino, alcuni dei protagonisti di weBeach – Friuli e Isonzo.

Per raggiungere la sommità del corno esiste un sentiero molto semplice e leggero, alla portata di tutti, da percorrere all’andata e al ritorno. Per chi però ha la gamba appena appena un po’ più allenata, consigliamo il più divertente percorso ad anello. Entrambi sono validi in tutte le stagioni dell’anno, preferibilmente in primavera ed estate, quando le giornate sono più lunghe.

Come arrivare

L’escursione al monte Cuar incomincia dal Cuel di Forchia, snodo di molti sentieri della zona.

Per raggiungerlo, bisogna recarsi ad Avasinis, frazione del comune di Trasaghis. Arrivando in paese da Trasaghis attraverso la SP41, si svolta a sinistra su via Novedet.

La stretta strada asfaltata si impenna quasi subito, trasformandosi in una tortuosa viuzza di montagna. Seguitela per ca 8 km, fino ad arrivare al Cuel di Forchia, contraddistinto da alcuni cartelli del CAI (46.273411, 13.012744), dove lascerete l’auto in uno dei tanti spiazzi a bordo strada.

Qui avete due scelte: se volete scegliere una passeggiata meno impegnativa, arrivare prima alla malga Cuar e poi salire alla cima del monte Cuar, imboccate il sentiero 815; se preferite cimentarvi nell’anello che vi porterà prima in cima alla montagna e quindi con una più placida discesa alla malga prima e al Cuel di Forchia poi, scegliete invece l’816.

L’escursione

Il sentiero 816 incomincia subito a salire in maniera decisa lungo il fianco della montagna: vi aspettano un paio d’ore di appagante fatica per la maggior parte all’interno del bosco, con occasionali tratti più esposti dove lo scenario si apre facendovi pregustare già lo spettacolo di panorama che troverete in cima. In appena un paio di chilometri scarsi salirete di quasi 600 metri di altitudine.

Fuori dal bosco percorrete un altro centinaio di metri per scorgere la croce che simboleggia la cima del monte Cuar, a 1478 m slm.

È il momento di far viaggiare lo sguardo lungo le valli del Tagliamento e dell’Arzino che si stendono ai vostri piedi, mentre ancora più a ovest si intuisce la vallata del Meduna.

Proseguite ancora lungo la cresta fino ad arrivare a dei pali in legno che delimitano il territorio di pascolo per le mucche, lì piegate in discesa per scendere verso la malga Cuar, tappa obbligata di ristoro della camminata.

Intorno alla malga grandi prati di montagna invogliano a stendersi a godere il bel tempo, ma il consiglio è quello di farsi allettare dai prodotti di malga e rinfrancare lo spirito con un tagliere del loro salame e dello straordinario formaggio, annaffiato da un bicchiere di rosso. Dal balcone della malga la vista corre sulla vallata e consente di ammirare ciò che si estende in direzione nord-est, con il Lago di Cavazzo e le altre vette della zona.

Dalla malga seguite il sentiero che scende verso il bosco: seguite i segnavia CAI per ricongiungervi con il sentiero 815: una dolce discesa in un bosco stracolmo di lamponi vi porterà di nuovo al Cuel di Forchia.

Se avete optato per percorrere quest’ultimo sentiero sin dall’inizio, avrete raggiunto la malga in meno di due ore di cammino agevole lungo il largo sentiero immerso nel bosco. Potete quindi proseguire con un ultimo sforzo per arrivare alla cima del monte Cuar e poi decidere il da farsi in merito alla via di discesa.

Scritto con Lorenzo Calamai

Arzino: dove nasce un torrente magico

Scegliere il preferito fra i propri figli è sempre un’operazione ingiusta, ma il torrente Arzino, uno degli affluenti del Tagliamento, è indubbiamente uno dei prediletti dei tanti corsi d’acqua esplorati da weBeach.

Se già la prima edizione della guida Friuli e Isonzo riportava alcune delle migliori spiagge della val d’Arzino, la seconda edizione, rinnovata nei contenuti (circa il doppio della precedente) e nella grafica, è un vero e proprio compendio di tutto il meglio che si può trovare lungo il percorso tortuoso di questo torrente.

Lungo il suo corso troverete acque che passano dal cristallino al cobalto, a seconda della profondità delle tantissime piscine naturali formate dallo scorrere dei flutti.

Sono solo trenta i chilometri lungo i quali si sviluppa l’Arzino, ma meritano di essere esplorati da cima a fondo.

Arzino sorgenti
Il colore dell’Arzino è incredibile, varia dallo stupefacente allo spettacolare – ph. Lorenzo Calamai/weBeach

Partiamo proprio dalla cima, dal sentiero che giunge alle sorgenti dell’Arzino con una camminata facile e dagli scenari naturali davvero spettacolari.

Come arrivare

Percorrete la SP1 che attraversa la Val d’Arzino verso monte, risalendo oltre Pinzano al Tagliamento, la frazione Colle (nei pressi della quale l’Arzino confluisce nel Tagliamento, Casiacco, Anduins e San Francesco.

Dopo quest’ultimo abitato, percorrete la provinciale per poco più di 3 km ancora, fino a quando la strada non incontra un tornante verso destra.

torrente Arzino
Il corso del torrente Arzino – ph. Lorenzo Calamai/weBeach

Poco prima del tornante, vedrete una strada sterrata ma carrabile aprirsi sulla sinistra. Imboccatela e troverete uno spiazzo dove parcheggiare pochi metri più in basso (46.342029, 12.925694).

Il sentiero

Dal parcheggio parte il sentiero da affrontare per raggiungere la sorgente del torrente Arzino, attraversando immediatamente un ponte che vi porterà in destra orografica.

Il percorso è facile, alla portata di chiunque, anche senza un particolare allenamento: sono circa 9 km fra andata e ritorno, con un dislivello complessivo di ca 250 m e un tempo di percorrenza medio di 3 ore.

Vista sul torrente Arzino
Vista sul torrente Arzino – ph. Lorenzo Calamai/weBeach

Vista sul torrente Arzino – ph. Lorenzo Calamai/weBeachIl sentiero è una comoda strada forestale che corre vicina alle sponde del torrente per tutto il suo tracciato, che dopo un tratto iniziale appena più ostico diventa poi perlopiù un lungo falsopiano dalla scarsa pendenza.

Dopo aver attraversato il ponte sul Rio Colle Cervar, giungerete alla zona più bella del percorso: abbandonata la forestale, un sentiero con le dovute protezioni si affaccia sulla forra e sulle cascate spettacolari che l’Arzino ha scavato in questo primo tratto del suo corso.

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Le cascate del Torrente Arzino – ph. Eleonora Crupi con licenza CC BY-SA 4.0

Sono le cosiddette Cascate dell’Arzino, che incontrerete dopo poco più di 3 km di cammino dalla partenza (un’ora scarsa il tempo di percorrenza).

Manca circa un chilometro e mezzo all’arrivo alla destinazione finale: il Fontanone, ovvero il punto dove l’Arzino sgorga dalle pendici del Monte Teglara e dove ha termine il sentiero. Attenzione: dovrete percorrere alcune centinaia di metri senza una vera e propria pista, ma seguendo intuitivamente il tracciato di chi vi ha preceduto.

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Lungo il percorso delle cascate del Torrente Arzino – ph. Eleonora Crupi con licenza CC BY-SA 4.0

Niente di complicato in ogni caso: l’escursione è ben frequentata e non c’è il rischio di perdere l’orientamento. Per il ritorno, ripercorrere all’indietro il medesimo percorso.

Per chiudere la giornata concedetevi un tuffo ristoratore in una delle tante spiagge raccontate in weBeach – Friuli e Isonzo. La versione in PDF è diventata più smart con i link di seconda generazione, che con un click o un touch ti portano dalle mappe alla descrizione di ogni spiaggia e viceversa.

Scritto con Lorenzo Calamai

Le crete Senesi, tra Arbia e Asciano

Buongiorno/Buonasera,

Questa volta vi voglio portare a visitare una delle zone più belle e calde di tutta la Toscana.

L’area compresa tra Arbia e Asciano, a sud-est di Siena, dove possiamo trovare le crete Senesi.

Che cosa sono le crete, sono terreni argillosi con calanchi, balze e biancane. Molto caldo d’estate e in alcuni punti Desertiche, come il deserto di Accona.

Come potrete vedere una volta arrivati, davanti ai vostri occhi si presenterà un territorio che a tratti viene definito Lunare.

La zona delle crete Senesi che ho visitato con un bel anello di 22km è quella piu a nord, abbastanza ricca di acqua con frequenti laghetti lungo il percorso.

Il percorso da me esplorato e pronto per essere visitato con voi è si snoda sul tragitto della Via Lauretana Toscana, Vi allego alcuni link per approfondire l’argomento.

https://www.visittuscany.com/en/itineraries/the-via-lauretana-in-tuscany/

https://www.terredisiena.it/en/trekking-and-outdoor/the-via-lauretana/

La zona a nord delle crete Senesi, compresa tra Arbia e Asciano, è di una bellezza unica. Sterminati campi di grano, le biancane e le formazioni di calanchi, lungo sentieri ampi e di facile percorrenza.

Gli occhi saranno entusiasti di poter godere di cosi tanta bellezza. Da rimanere entusiasti per la doclezza delle colline Toscane, con sterminati campi di grano.

Noterete anche il sole cuocente che spinge ad affrontare questo percorso con una bella riserva d’acqua, cappello e tanta crema solare.

L’area compresa tra Arbia e Asciano, seguendo la Via Lauretana Toscana è veramente un’ angolo di paradiso.

Molto bello anche in bicicletta e con la possibilità di allungare i km per visitare anche altri angoli della zona.

Lungo il sentiero che a tratti segue quello delle rete escursionistica CAI Siena, troverete ruderi o installazioni artistiche e tanti casolari ristrutturati per case vacanza.

Visto il territorio cosi argillosi è da sconsigliare in caso di pioggia, diventa una fanghiglia assurda e le vostre scarpe peseranno molto ma molto di più riducendo la distanza della vostra escursione.

Per esperienze:

info@outoftheboxflorence.com

Il Castello Aghinolfi di Montignoso tra storia e tradizioni

Montignoso: il Castello Aghinolfi tra storia e tradizioni.

Le origini di Montignoso sono antichissime. La leggenda narra che il borgo più antico sarebbe nato da un insediamento chiamato Corsanico costruito da alcuni corsari che sbarcarono sulle coste e si spinsero verso l’interno. Un’altra leggenda narra che nel 570 la vicina Luni decise di allontanare i malfattori relegandoli in questa località.

Il nome deriva da Mons Igneus (monte di fuoco) per l’abitudine di accendere fuochi per inviare segnali ai marinai.

Il vero gioiello di Montignoso è il Castello di Aghinolfi, situato su uno sperone roccioso e che ha sempre rivestito una grande importanza per la sua posizione strategica. Dai suoi spalti si ha una vista completa sul litorale tirrenico, sull’intera vallata percorsa dal torrente Pannosa e si può esercitare il controllo della Via Francigena.

Il nome ne attesta la chiara origine longobarda e le milizie della Regina Teodolinda trasformarono il Castrum Aginulfo (successivamente italianizzato in Aghinolfo e poi Aghinolfi) in una fortezza longobarda. Il Castrum divenne il castello più potente della vallata dove trovavano rifugio le popolazioni della zona in caso di pericolo.

Paolo Diacono, monaco cristiano, storico e scrittore longobardo ci ha tramandato una curiosa leggenda longobarda che riguarda in parte anche il Castello Aghinolfi:

Teodolinda, figlia di Garibaldo re dei Bavari, nel 589 sposò Autari, Re del Longobardi molto interessato a stringere rapporti con le popolazioni d’oltralpe mediante vincoli famigliari.

Re Autari aveva mandato a chiedere in sposa Teodolinda e il padre di lei aveva acconsentito. Appena conosciuta la risposta, Autari era partito con pochi fidi, in incognito, per andare a vedere la futura sposa; lo accompagnava un vecchio e fidato servitore, uomo di nobile aspetto, che, appena giunto al cospetto del re Garibaldo, pronunciò alcune frasi di saluto, secondo l’usanza. Poi Autari, conservando l’incognito, disse al re:

«II mio signore Autari mi ha mandato qui perché io veda la sua futura sposa e nostra regina, affinché possa poi descrivergliela». Garibaldo fece venire la figlia. Autari la guardò in silenzio, ammirato della sua bellezza, e soddisfatto della scelta disse al re: «Vostra figlia è proprio bella, e degna di essere la nostra regina. Se non avete nulla in contrario, vorremmo ricevere dalle sue mani una tazza di vino, come ella dovrà fare spesso alla nostra corte». Garibaldo acconsentì, e la principessa servì prima il vecchio servo, che sembrava il personaggio più autorevole, e poi Autari, senza nemmeno immaginare che proprio quello fosse il suo futuro sposo. Nel rendere la coppa, Autari le sfiorò la mano con un dito e se lo passò sul viso.

Quando la principessa, arrossendo, riferì la cosa alla nutrice, questa le disse: « Se quello non fosse il tuo futuro sposo, non avrebbe certo osato toccarti. Ma per ora facciamo finta di niente. È meglio che tuo padre non sappia, ma secondo me quello è il re, e vedrai che sarà per te il marito ideale».

Le nozze vennero celebrate in una giornata tempestosa e piena di fulmini. Tra gli invitati c’era Aginulfo, duca di Torino e cognato di Autari.  Aginulfo aveva fra i suoi uomini un indovino che sapeva interpretare i fulmini.  L’indovino chiamò in disparte il suo signore e gli disse: «Tra non molto la donna (Teodolinda) che ha sposato il nostro re sarà tua moglie». Il duca minacciò di farlo decapitare se avesse osato aggiungere una parola, ma l’indovino replicò: «Puoi farmi uccidere, ma non puoi modificare il corso del destino. Quella donna è venuta per unirsi in matrimonio con te».

E in effetti ciò accadde più tardi quando Autari morì, forse avvelenato e Teodolinda decise di sposare  Aginulfo.

La Regina Teodolinda, donna bella e intelligente,  esercitò un grande potere su Aginulfo tanto da indirizzare molte sue scelte politiche e amministrative. Era una fervente cattolica e convinse il marito a convertirsi al cattolicesimo ma fu anche l’artefice della conversione al cattolicesimo di tutto il popolo longobardo.

Si narra infatti che la conversione al cristianesimo dei Longobardi sarebbe stata sancita tra Teodolinda e Gregorio I, detto Magno, alla fine del VI secolo proprio nella Torre di Aginulfo poi Aghinolfo ( di seguito  Fortezza/Castello Aghinolfi)

I discendenti di Aghinolfo ne mantennero il possesso sino al 1376 quando il Castello passò alla Repubblica Lucchese

Secondo antiche leggende la tradizione della festa della Pefana, molto cara ai Montignosini, trarrebbe origine proprio da queste antiche vicende storiche.

Durante la festa che si svolgeva la sera del 5 gennaio e terminava la mattina del 6 gennaio, piccoli cortei di giovani, mascherati con mantelli, cappellacci e maschere (cioè in “anonimato”) guidati da una “guida” senza maschera (cioè da un “garante nobile e fidato”) percorrevano le vie dei borghi con stridori e campanacci. Bussavano alle porte delle case dei compaesani offrendo dolcetti ed altri piccoli doni ai bimbi che incontravano. Ne ricevevano in cambio qualche bevanda calda e piccoli doni o dolci.

Non pronunciavano parola, ma permanevano qualche istante nelle case che li avevano accolti in silenzio assoluto, mentre la guida scambiava un saluto con i padroni di casa.

Questi erano i piccoli cortei dei “Pefani”. Qualcuno dei “Pefani” sfiorava le mani della padrona di casa, qualcun altro toccava i mobili, qualcun altro toglieva dalle tasche dolcetti vari e frutta secca. E tutti mostravano rispetto ed attenzione reverenziale per il padrone di casa.

Gli abiti erano sobri, se non poveri. I mascheramenti ricordavano tempi passati e riti lontani.

La cerimonia era molto semplice e affascinante allo stesso tempo. La semplicità dell’impianto scenico e il silenzio rotto dai suoni dei campanacci erano tali da suscitare emozioni e meraviglia in grandi e piccini.

La festa nel corso degli anni si è arricchita di canti, danze e nuovi mascheramenti.

Non sappiamo se questa tradizione affondi davvero le sue radici nei tempi lontani della Regina Teodolinda ma ci piace crederlo.

Sui campi delle Antiche Battaglie

Percorso molto bello, semplice e ben segnalato.

Acquista un valore storico e molto interessante quando scoprirete chi era Stilicone.

Il sentiero Cai n°10 da Fiesole all’Olmo o viceversa e ripercorre l’itinerario che più o meno avrebbe percorso Stilicone per combattere i barbari, gli Ostrogoti in questo caso che stavano assediando Firenze.

Sul sito del Comune di Fiesole trovate tutto il necessario, informazioni storiche, mappe e tracciati GPS:

http://www.comune.fiesole.fi.it/opencms/opencms/Sentieri/Stilicone/

Il sentiero di Stilicone è molto ben segnalato. Io l’ho percorso dall’Olmo verso Fiesole.

Unica pecca che per tornare all’Olmo, come nel caso mio, per non fare di nuovo la stessa strada o percorso la strada asfaltata che non è un granchè. Più breve del sentiero e più lineare.

Non è molto trafficata, ma un po’ di traffico c’è, bisogna stare attenti su alcune curve che sono cieche.

Lungo la via asfaltata c’è molto carina la torre di Buriano, generale romano a capo di una Legione sotto il comando di Stilicone. Proprio in concomitanza della torre c’è anche una piccola trattoria tradizionale toscana che Vi raccomando.

Se partite da Fiesole, potrete trovare all’inizio del percorso una tomba Etrusca, una struttura molto interessante e proprio al principio del sentiero CAI 10.

Troverete molti ruscelli (borri) quasi per tutta la totalità del percorso e una zona molto umida che secondo il mio modesto parere dovrebbe essere investigata meglio, ci potrebbero essere altre tombe Etrusche.

Lungo in percorso passerete attraverso di piccoli borghi diventati ormai ville monopadronali ma ancora racchiudono il fascino di quegli antichi luoghi di passaggio.

Almeno 2 le chiese o pieve lungo il percorso, una delle quali costruita più o meno dove avvenne la battaglia tra i legionari romani guidati da Stilicone e gli Ostrogoti.

Se uscite leggermente dal sentiero poco prima di Fiesole, diciamo 2 km prima o 2 km dopo se partite da Fiesole, vedrete un casolare abbandonato. Continuate dritto e troverete questo magnifico esemplare di cipresso, di una bellezza disarmante 🙂

Divertitevi in sicurezza, portatevi una mappa (la potete stampare dal sito del Comune di Fiesole)e state attenti sempre 🙂

Per escursioni info@outoftheboxflorence.com

Il cammino minerario di Santa Barbara con Loredana e Francesca: 30 tappe in 40 giorni

Il Cammino minerario di Santa Barbara di Janas escursioni: una “sfida” tutta al femminile, 500 km, in 30 tappe per 40 giorni, nella natura della Sardegna, un percorso lento ed esperienziale, fatto di luoghi ricchi di miniere, siti archeologici, chiese dedicate a Santa Barbara, tra mare e montagna con scenari da mozzare il fiato.
Promozione e valorizzazione del territorio, coinvolgimento delle persone del luogo, di altre guide, di associazioni e sensibilizzazione, gli scopi principali del cammino.
Francesca Mocco e Loredana Lai, due guide ambientali escursionistiche, percorrono l’intero cammino: cammino che con i suoi obiettivi di promozione, sviluppo del territorio ed educazione ambientale, ha ricevuto il patrocinio di AIGAE (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche), cui Francesca e Loredana sono iscritte.
La lunghezza media delle tappe è di 16,5 km ciascuna lungo gli antichi cammini minerari e l’elemento che unisce è la presenza di luoghi di culto dedicati a Santa Barbara, la patrona dei minatori.

Cinque le tappe già percorse, dalla partenza del 7 aprile, il cammino ha ora subito uno stop poiché la Sardegna è entrata in zona rossa domenica 11 Aprile.


Loredana e Francesca studieranno le tappe in modo che possano essere rese accessibili a tutti, intervenendo sulla riduzione delle distanze o inserendo dei percorsi sensoriali rivolti a particolari forme di disabilità. In certi casi, per agevolare il movimento, utilizzeranno anche dei dispositivi adeguati come bastoncini, passeggini da trekking, zaini porta bebè o le joelette.
Educazione ambientale, sensibilizzazione, attenzione alle biodiversità e coinvolgimento, ma non solo: in percorso sarà svolto nel massimo della sicurezza, verranno date nozioni di base sia dal vivo che sul web, consigli su come muoversi e orientarsi lungo il Cammino, e quali comportamenti adottare in caso di incidente. Verrà spiegato come utilizzare varie strumentazioni come il gps ma anche applicazioni quali Georesq, che possono essere fondamentali per tutti quelli che si vogliono affacciare a questo mondo. Verranno intervistati il Soccorso Alpino e Speleologico della Sardegna, la Protezione Civile e il Corpo Forestale

 

Colle Val d'elsa – Parco Fluviale

Percorso facilissimo adatto a famiglie e bambini.

Il parco fluviale dell’ Alta val d’Elsa. Partendo da Colle Val d’Elsa un semplice anello di 10Km intorno al fiume Elsa che in questa parte scorre ampio tra le insinature della valle.

Circondato da vegetazione ripariale composta in ampie parti da carpino nero, il fiume scorre dolcemente tra la valle. Perfetto per le caldi estate Toscane.

Molto caratteristico il borgo di Colle Val D’Elsa e perfettamente dominante la pianura e il fiume stesso.

Semplici sono i segnali da seguire e poche le deviazioni possibili.

Unica eccezione da dover prestare attenzione è il livello delle acque che in alcuni periodi dell’anno puo raggiungere livelli alti.

Per chi volesse bagnarsi può farlo quando permesso e sempre prestando molta attenzione. Fare il bagno nel fiume non è come farlo in mare.

Per la maggior parte dell’anno in questa zona è troppo basso per tuffarsi ma abbastanza profondo,  specialmente nel tratto finale, per rinfrescarsi dal caldo estivo.

Attenzione al gambero autoctono di fiume e ai vari tipi di uccelli tipi delle acque fluviali toscane.

Vi racconto l'Altopiano di Rascino

Conoscete l’Altopiano di Rascino? Venite a scoprirlo insieme a me e…..Ad un piccolo amico..!

[Altopiano di Rascino – 🎬👉🏻  https://youtu.be/w53Z78XfZ54 ]

L’ Altopiano di Rascino è un altopiano carsico che si trova nel Lazio, in provincia di Rieti, tra i Monti del Cicolano (Cicolano), all’interno del territorio del comune di Fiamignano, ai confini con l’Abruzzo. La Piana di Rascino è classificata come sito di interesse comunitario (SIC); si trova all’interno della Riserva Regionale Montagne della Duchessa e seguendo il nostro Cammino Naturale dei Parchi si giunge qui da Castiglione, attraversando faggete e pascoli. La piana si estende per 7 km circa in lunghezza e 5 km in larghezza e si trova ad un’altitudine di circa 1150 m sul livello del mare, circondata da cime che raggiungono i 1500 m. Qui si trova un lago carsico, risalente al periodo pleistocenico, il Lago di Rascino. Questo lago ormai non è più profondo di 4 m ma continua a raccogliere le acque piovane e delle nevi con la presenza di inghiottitoi carsici che ne permettono il deflusso.

 

Vi aspetto zaino in spalla per guidarvi in natura!!! 

Samuele – SnipRoad