Il GESTO DELL’OMBRELLO PER RIVENDICARE L’ORGOGLIO FERITO

Lunga e diritta correva la strada, l’auto veloce correva … la voce di Guccini usciva dal mangiacassette collocato sul sedile posteriore tra i due zaini. Ma per noi la strada non era diritta e nemmeno l’auto era veloce. Nell’oscurità delle prime ore del mattino, sulla 600 Turismo Lento perforiamo la nebbia ricercando la giusta direzione tra Varese e Como. Ad Erba, la nebbia si dirada ma non permette di scorgere le guglie immaginate nei desideri e nemmeno è un vantaggio per la velocità: l’acceleratore è già pigiato al massimo. Salendo i tornanti che salgono a Pian dei Resinelli, la nebbia svanisce e la Grigna ci appare con le sue guglie dolomitiche accese di sole, desiderio e timore.
Emozionati e intimiditi, siamo a casa dei Ragni di Lecco …, ci avviamo lungo il sentiero. Oltrepassato il rifugio Porta, gremito di alpinisti colorati e tintinnanti di ferraglia, la soggezione accresce e per non farci notare, rallentiamo l’andatura per non superare chi ci precede. Alla base del Sigaro c’è un assembramento di persone in coda, che attendono il turno per attaccare le differenti vie. Sono tutti bardati di imbraghi variopinti con appesi attrezzi mai visti e parlano del passaggio di VI, dello spigolo Bonatti, del tetto sulla Boga …
Ci sentiamo fuori luogo e il nostro abbigliamento, larghe braghe alla zuava, maglione infeltrito e soprattutto gli scarponacci neri, non ci aiuta all’autostima. Meno male che l’attrezzatura, come di consuetudine, è nascosta nello zaino e quindi passiamo inosservati in quanto considerati escursionisti curiosi con il naso all’insù.
Mentre addentiamo le rosette imbottite di ungherese acquistate nel piazzale a Pian dei Resinelli, sottovoce commentiamo: sono bardati di tutto punto ma in arrampicata non sono quel gran che … Questa constatazione ci aiuta a scrollarci la soggezione.
Chiediamo dove attacca la Rizieri?
Scusa, cosa sono quei ganci? Moschettoni per assicurarsi ai chiodi durante l’arrampicata.
Ma senza quegli aggeggi, non possiamo salire?
Tiziano, quasi volesse esorcizzare la timidezza, inizia con le sue prese per il culo.
Con tono di sufficienza ci consigliano di continuare la passeggiata lungo il sentiero.
Sei il solito, adesso come facciamo prepararci? Se ci vedono arrampicare, diventa palese che ti burlavi di loro.
Risposta: bugia che tuca ti (sbrigati che tocca a te).
Sarà stato il desiderio di allontanarmi quanto prima dalla situazione d’imbarazzo creatasi e il timore di sfigurare con conseguente intralcio alle cordate in coda, che parto talmente deciso che supero il secondo della cordata che mi precede. Tiziano, altrettanto veloce, mi raggiunge alla sosta e mi incoraggia: vatu e pasa anca l’aut (vai e supera anche l’altro). Il primo di cordata sta ravanando nella fessura di V e, richiesto se mi lasciasse passare, lo supero e raggiungo la seconda sosta. Inizio a recuperare il compagno, che a sua volta oltrepassa il tipo sempre intento a ravanare, e quando raggiunge il tetto prima della sosta, Tiziano mi chiede 2 metri di corda e mi avverte di tenere. Sarà in difficoltà? Un urlo e Tiziano volteggia nel vuoto: cazzo è volato. Macchè, un’altra bravata!
All’uscita del tetto si è lanciato nel vuoto ed ora, mentre dondola, esplicita toh, e raffigura il gesto dell’ombrello alla cordata sottostante, coloro che ci consigliavano di continuare la passeggiata. Manifestazioni “Tizianesche” per rivendicare l’orgoglio ferito.
Avendo superato il tiro più impegnativo della salita, classificata TD- molto sostenuta e delicata in costante esposizione, affrontiamo l’ultimo tiro senza titubanze nonostante la guida “Scalate nelle Grigne” riporti: traversare ora in piena esposizione (impressionante) la parete.
Ormai ci siamo scrollati di dosso ogni preoccupazione e baldanzosi danziamo sulle verticali, con l’attrezzatura retrò divenuta provocazione, quasi prevaricazione trasgressiva.