Un tempo il territorio al confine tra Lazio e Toscana doveva essere un’unica fittissima foresta, percorsa da forre profonde e vallate rocciose, rupi profonde e boschi inestricabili. Nei secoli la leggenda di un bosco impenetrabile è rimasta, e non sorprende che proprio questi territori siano stati set di tantissime storie, reali o immaginarie. Sapevi che molti credono che fu proprio l’essersi smarrito tra questi boschi che ispirò Dante con la sua Divina Commedia? Nel mezzo del cammin, tra Firenze e Roma… chi lo sa!
Certo è che l’area tra Farnese e Pitigliano, Manciano e Ischia di Castro ancora oggi mantiene queste caratteristiche e ci fa intuire la difficoltà che dovevano incontrare i viaggiatori inesperti che si trovavano a percorrere queste vie.
Eppure dobbiamo pensare che un tempo, fino a nemmeno un secolo fa, i boschi erano più popolati e conosciuti di oggi. Non dobbiamo farci ingannare dalla tecnologia, dai sentieri tracciati, dai filtri Instagram. Oggi tutto sommato sono solo gli escursionisti, i cercatori di funghi e guardiaparco a frequentare abitualmente le selve. Un tempo questi sentieri oltre che dai cacciatori erano continuamente battuti anche da tanta gente che proprio qui trovava il proprio sostentamento. Porcari, che portavano i maiali a nutrirsi delle ghiande di cui erano ghiotte, e pastori, taglialegna e carbonai – questi ultimi passavano dei mesi interi nel bosco con tutta la famiglia, in povere ed essenziali capanne, mentre badavano alla produzione del carbone, risorsa fondamentale per le industrie. C’erano spesso minatori e cercatori d’oro, butteri e mandriani, eremiti e poi… contrabbandieri, banditi, e briganti, carabinieri e gendarmi che li inseguivano spesso invano.
Le storie di Tiburzi, il re del Lamone, tra memorabili scontri a fuoco, inganni e travestimenti echeggiano ancora tra gli alberi della Selva. Nato a Cellere, poco distante, si diede alla macchia e divenne uno dei più celebri briganti della Maremma, sul finire del XIX secolo. Si racconta che proprio tra questi sentieri celebrò le sue nozze d’argento con la macchia, oltre venticinque anni di latitanza!
Ma come è possibile una storia simile?
Perché il Lamone era, ed è ancora, una foresta impenetrabile!
Sicuramente ancora oggi le leggende e le storie di cercatori di funghi ed escursionisti incauti che si smarriscono nel folto sono raccontate con fondo di verità.
Cosa è che la rende così “ostile”? Forse il sottobosco spinoso, di stracciabraghe e pungitopo, o gli incredibili ammassi di roccia? Magari i sentieri pianeggianti che attraversano aree diverse ma simili tra loro, che fanno perdere facilmente l’orientamento, come la presenza di aree impenetrabili, dove si nasconde il gatto selvatico, il tasso, la martora, che osservano senza essere visti. O forse sono gli inganni che Tiburzi ha teso ai suoi inseguitori che hanno ancora effetto su di noi…
Qualunque cosa sia, la Selva del Lamone è una riserva naturale incredibile, dal fascino antico e incantato. Una meta perfetta dall’autunno alla primavera, e con una guida esperta è anche meglio!