Cosa sono le grotte?
Sono vasti reticoli di cavità naturali che esistono all’interno di alcune montagne; a volte esse arrivano sino alla superficie esterna formando ingressi dai quali possiamo entrare a visitare o ad esplorare questi mondi bui percorsi solo da aria ed acqua. Ma attenzione: la grotta e’ nell’interno del monte e in genere per evolversi non ha affatto bisogno di ingressi percorribili. E’ per questo che pensiamo che buona parte delle grotte che esistono in realtà non siano accessibili. All’esterno arrivano indizi che ci permettono di capire che la montagna e’ piena di gallerie, ma entrarci e’ spesso estremamente difficile. La massima parte delle grotte che conosciamo e’ scavata in rocce carbonatiche (calcari e dolomie) che sono costituite essenzialmente da miscele di due sali lentamente solubili in acqua: carbonato di calcio e carbonato di magnesio.
Cosa sono le rocce carbonatiche?
Si tratta di grandi masse di carbonato di calcio e magnesio depositate sul fondo di antichi mari. I piccoli organismi che compivano il loro ciclo vitale in prossimità della superficie del mare vi cadevano poi al fondo quando morivano, formando depositi di residui organici (soprattutto gusci e scheletri) spesso cementati dalla deposizione diretta dei carbonati se l’acqua finiva per risultarne sovrasatura. Le vicissitudini geologiche delle decine di milioni di anni successivi hanno poi trasformato questi depositi in rocce e li hanno fatti emergere all’aria. La variabilità delle condizioni di deposizione, dei tipi di organismi e dei successivi eventi geologici capaci di indurne radicali trasformazioni fa si’ che le rocce carbonatiche abbiano caratteristiche molto diverse dall’una all’altra.
Per quale motivo si formano le grotte?
Il motivo fondamentale e’ che la roccia in cui si sono formate non e’ adatta a resistere ai milioni di anni di piogge che subisce perché e’ piuttosto tenera, erodibile, e soprattutto e’ solubile nell’acqua. I ruscelli, all’esterno, incidono la montagna con pareti, forre, canaloni; all’interno, quando invece riescono a penetrare attraverso sistemi di fratture, formano le grotte. In dettaglio però il processo di scioglimento della roccia in acqua e’ molto complesso: dipende principalmente dalla temperatura (cioe’ dal clima, attuale e passato), dalla quantità di anidride carbonica disciolta in acqua, e dalla portata dell’acqua che penetra nel sottosuolo. L’importanza dell’anidride carbonica e’ fondamentale perche’ essa acidifica l’acqua rendendola piu’ aggressiva: le acque piu’ ricche di questo gas disciolto sono quelle che hanno attraversato forti coperture vegetali e le acque piu’ fredde, perche’ la sua solubilita’ decresce al salire della temperatura. Grosso modo si puo’ dire che si tratta di una lotta fra le condizioni che provocano lo scavo delle grotte (acque non sature di sali, e percio’ aggressive) e quelle che causano il loro riempimento (acque sovrassature di sali disciolti e che percio’ tendono a depositarne una parte). Queste ultime provocano percio’ la formazione di concrezioni che possono finire per riempire interamente la cavita’. In questi casi quel che resta di una grotta viene frammentato in tronconi isolati l’uno dall’altro, perfettamente inaccessibili: nei monti in cui troviamo una grotta concrezionata ce ne sono sicuramente molte altre, isolate dall’esterno, bolle d’aria chiuse nella roccia da fantastiche cristallizzazioni. E’ per questa loro tendenza a divenire inaccessibili che le grotte molto adorne di concrezioni (o, all’interno di una stessa grotta, le gallerie fortemente concrezionate) sono rare: il loro sviluppo e’ un fenomeno che finisce per isolare completamente la cavita’ per poi riempirla completamente.
Dove va a finire l’acqua delle grotte?
Verso le sorgenti, a valle. Il percorso di un ruscello all’interno di una montagna e’ all’incirca questo: cade lungo pozzi e ripide e strette gallerie unendosi ad altri ruscellamenti ed ingrossandosi sino ad arrivare ad una quota poco maggiore di quella delle risorgenze, quella che gli speleologi chiamano livello di base, dove spesso ormai il flusso d’acqua si e’ trasformato in un torrente che scorre in ampie gallerie, detti rami attivi. A quel punto la gran parte della caduta attraverso la montagna e’ finita. Li’ l’acqua diventa lenta, poco propensa a erodere, e forma laghi e laghetti. Le nostre esplorazioni in genere si arrestano quando arriviamo dinanzi ad un lago il cui emissario e’ subacqueo, cioe’ un lago nel cui letto vi sono gallerie sommerse nelle quali l’acqua avanza verso le risorgenze. (noi chiamiamo sifoni queste gallerie sommerse). Le stese sono esplorabili esclusivamente tramite attrezzature subacquee da speleosub debitamente formati. E’ una disciplina effettivamente pericolosa, ma che in questi anni sta conoscendo un grande sviluppo grazie anche all’evoluzione delle tecniche di immersione. Un altro sistema, molto piu’ comodo, per sapere come sono fatte quelle zone sommerse e’ studiare in altre grotte i tratti di gallerie che erano sommerse in un lontano passato ma che ora sono fossili e piene d’aria. Ecco le gallerie sommerse alle radici del monte: sono ampie, piene d’acqua lenta, di forma diversa da quelle nelle quali l’acqua precipita: quelle lassu’ sembravano forre, alte e strette, sempre in discesa, mentre queste sono abbastanza tondeggianti e vanno su e giu’ (in genere dolcemente), modellate a salite e discese che si alternano in un modo apparentemente insensato, dimentico della gravita’. Sono quelle che noi chiamiamo gallerie freatiche, cioe’ che si sono formate sott’acqua. Insomma: l’acqua entra e cade lungo forre interne sino alla base del monte, modellato come una spugna in un intrico di gallerie invase dall’acqua. In un qualche punto all’esterno questo gran bacino d’acqua tocca la superficie della montagna e di li’ trabocca: e’ la risorgenza, finalmente. In Italia ne abbiamo di notevoli, fantastiche avventure sommerse. I luoghi dove l’acqua torna a giorno, dopo chissa’ quali percorsi nell’oscurita’, sono sempre molto belli. Oltre che molto belli sono luoghi molto utili, dato che la loro acqua in genere viene captata ed immessa negli acquedotti.
Ci sono grotte non originate dall’acqua?
Si’, sulle pendici dei vulcani. Lo scorrimento delle lave forma delle grotte di un tipo particolare, l’esterno del flusso di lava che corre verso valle si raffredda e cessa di scorrere, venendo a formare un tunnel al cui interno continua a scorrere la roccia fusa (incavernamento della lava). A fine eruzione viene lasciato un tubo di roccia che, una volta raffreddatosi, potra’ divenire percorribile. Le piu’ grandi grotte a “tubo di lava” si trovano nelle Haway e raggiungono sviluppi di oltre 10 km; in Europa ve ne sono di famose alle Azzorre. In Italia, sulle pendici dell’Etna se ne aprono diverse centinaia, alcune delle quali superano abbondantemente il chilometro di sviluppo.
Che condizioni ambientali vi sono in grotta?
Sono, in genere ambienti poco ospitali per l’uomo. La regola generale e’ che l’aria delle grotte e’ satura di umidita’ e con una temperatura praticamente costante: vediamo queste due caratteristiche. L’umidita’. Acqua ed aria in un qualsiasi ambiente chiuso vanno in equilibrio fra loro quando l’aria diviene satura di vapor d’acqua. In grotta, in genere, ci sono entrambi i fluidi, in ambiente chiusi o semi-chiusi: l’acqua ha cosi’ tempo di evaporare e saturare di umidita’ le masse d’aria che fluiscono nella montagna (il fatto che all’esterno, invece, l’aria sia spesso ‘secca’ e’ causato dell’azione del sole e delle precipitazioni). Vediamo la temperatura. Le grotte sono quasi sempre attraversate da grandi flussi d’acqua: grosso modo la loro temperatura e’ quella media delle acque che entrano sottoterra, e dunque, all’incirca, quella media delle precipitazioni (pioggia o neve) in quella particolare localita’. Normalmente, percio’, le variazioni di temperatura da una grotta all’altra sono piuttosto grandi, legate al clima della regione e alla quota. Un po’ di esempi? Le splendide grotte di Sardegna, che si sviluppano prevalentemente al livello del mare, sono intorno ai 20 C, le grotte alpine e nord-appenniniche a mille metri di quota hanno temperature intorno ai 6-8 C, mentre quelle che si aprono intorno ai duemila metri di quota sulle Alpi scendono fino a 1- 3 C. In genere, insomma, in grotta fa piuttosto freddo. Questa e’ la regola, ma ci sono numerose eccezioni legate a situazioni particolari: grotte che si aprono in zone termali possono essere cosi’ calde da impedire o rendere estremamente difficile l’esplorazione (le grotte di Sciacca, in Sicilia, arrivano ad oltre 80 C). E’ invece molto raro incontrare grotte la cui temperatura sia sotto lo zero, anche solo di poco
C’e’ vita nelle grotte?
Certamente, ma attenzione: un ambiente sotterraneo, se fosse completamente isolato, conterebbe un ecosistema incompleto e quindi incapace di sostentarsi perche’ mancante della luce che e’ la fonte primaria di energia dalla quale dipendono tutti gli esseri viventi. All’esterno sono le piante verdi quelle che utilizzano la luce per i processi di trasformazione delle sostanze minerali in sostanze organiche (fotosintesi), innescando tutte le catene alimentari che, partendo dalle piante, passano per i vegetariani e finiscono ai carnivori e ai detritivori. Sottoterra la luce e’ assente e quindi l’ambiente deve per forza dipendere da quello esterno. Da su infatti, mediante veicoli come certi animali esterni, le correnti d’aria, la gravita’ e, soprattutto, l’acqua, vengono immesse nel sottosuolo quantita’ spesso notevoli di materia organica. Qualche volta si tratta di esseri vivi (animali invertebrati, spore, pollini e limi ricchi di batteri e protozoi), ma in genere cio’ che viene trascinato giu’ e’ materia organica morta: detriti vegetali piu’ o meno decomposti, guano, cadaveri di animali grandi e piccoli e cosi’ via. Insomma: il mondo sotterraneo e’ un mondo privo di piante e di vegetariani, si procura materiale energetico ‘filtrato’ dall’esterno ed e’ essenzialmente popolato da animali detritivori e dai loro predatori. Bisogna pero’ sottolineare che le grotte, in questo discorso, costituiscono un concetto antropocentrico, in quanto sono dei vuoti a misura d’uomo, cioe’ percorribili ed esplorabili. Ma i confini tracciati da un rilievo topografico sono solo l’espressione dei nostri limiti esplorativi, oltre i quali un immenso mondo, di gran lunga piu’ vasto di tutte le grotte che ci e’ dato conoscere, si estende a dismisura nel reticolo tridimensionale di micro-fessure, inesplorabile ma esistente in ogni massiccio montuoso. Questo e’ il vero ambiente sotterraneo, il piu’ protetto, climaticamente piu’ stabile e biologicamente piu’ popolato. Le grotte sono soltanto delle comode (per noi) finestre aperte su questo mondo, dei vuoti percorribili che ci permettono di penetrare piu’ o meno profondamente nel sottosuolo e nelle quali gli organismi che ‘escono’ dalle loro piu’ riparate fessure, capitano solo casualmente: ma e’ solo qui che noi, chiamandoli un po’ impropriamente cavernicoli, li possiamo incontrare.
C’e’ sempre buio in grotta?
Si’, nelle grotte c’e’ sempre buio, proprio quell’oscurita’ che riempie qualsiasi oggetto non trasparente. Il buio e’ tanto fisiologicamente completo che se vi si rimane per qualche minuto si finisce per avere difficolta’ a capire se i nostri occhi sono aperti o chiusi. Quel buio fisiologico totale pero’ non e’ assoluta assenza fisica di luce. Ne esistono tracce dovute a particelle di radiazione cosmica che riescono a penetrare nel sottosuolo (dette muoni), che quando attraversano l’aria di una grotta rilasciano un impercettibile segnale di luce; esso pero’ e’ estremamente debole e discontinuo e quindi l’evoluzione ha spinto le forme di vita presenti a fare completamente a meno della vista. Si vede che se la cavano benissimo.
In grotta si riesce sempre a respirare?
Si’, perche’ l’aria di grotta viene continuamente rinnovata con aria esterna che penetra, per motivi che vedremo oltre, dagli innumerevoli piccoli sbocchi verso l’esterno che ha ogni grotta. Anche l’acqua che vi fluisce contribuisce a rinnovare l’atmosfera grazie ai gas disciolti che essa trasporta: questo spiega come mai l’aria di ambienti anche piccoli sia quasi sempre respirabile anche in diramazioni completamente isolate dall’esterno da tratti di gallerie sommerse. Due caratteristiche distinguono l’aria delle grotte da quella esterna: essa e’ quasi sempre satura di umidita’ ed estremamente pura. Queste due caratteristiche sono legate: l’umidita’ e le lievi differenze di temperatura inducono cicli di condensazione ed evaporazione che finiscono per catturare e spostare nell’acqua tutte le particelle in sospensione nell’aria. Ne risulta un’aria fredda, umida e sterile che e’ molto adatta a guarire malattie di tipo polmonare. E’ soprattutto nell’Est europeo che la speleoterapia (letteralmente: cura tramite le grotte) si e’ molto sviluppata: la’ esistono decine di grotte in cui i malati di asma, soprattutto allergica, vengono curati con cicli di permanenza piuttosto lunghi sottoterra. In Italia questo tipo di medicina e’ ancora alla fase iniziale, ma i risultati ottenuti sono gia’ incoraggianti. Non proprio tutte le grotte possono pero’ vantarsi dell’aria che contengono: ne esistono rarissime che hanno aria cattiva perche’ si aprono in zone vulcaniche o perche’ al loro interno vengono trasportati materiali organici che, imputridendo, formano sacche di anidride carbonica. Questo e’ un gas piu’ denso di quelli che costituiscono l’aria e dunque tende ad occupare le parti basse delle cavita’. Perche’ questo accada pero’ occorre che la grotta abbia una sola entrata (con due si formano correnti che rinnovano continuamente l’aria interna) e quindi che sia piuttosto piccola, e inoltre che l’apporto organico sia importante. Una minaccia del genere e’ percio’ presente solo nel caso di pozzi ciechi (eventualmente artificiali) che si aprono in zone con molta vegetazione; e’ quindi un pericolo piuttosto raro in Italia, ma abbastanza frequente in zone tropicali.
Perche’ in grotta fa freddo mentre nelle miniere fa caldo?
Soprattutto perche’ le grotte sono state attraversate per molto tempo da grandi flussi d’acqua “fredda”, mentre le miniere, in genere, no. E’ il flusso d’acqua dall’esterno che, in tempi geologici, finisce per portare la roccia carsificata ad una temperatura prossima a quella media delle precipitazioni meteorologiche. L’acqua che eventualmente e’ presente nelle miniere e’ invece immobile e in equilibrio termico con la roccia, la cui temperatura cresce assai rapidamente con la profondita’, circa trenta gradi per ogni chilometro di discesa. Ad aggiungere caldo al caldo ci pensa lo scavo delle gallerie che puo’ mettere in contatto l’aria con minerali che reagiscono con l’ossigeno producendo calore: solfuri, ad esempio.
Perche’ ci sono correnti d’aria?
Per capirlo pensiamo ad un camino: se il fuoco e’ acceso l’aria al suo interno e’ piu’ calda di quella esterna, quindi meno densa, e tende a salire proprio come capita a quella delle mongolfiere. Si forma cosi’ un risucchio alla base e un soffio dalla sommita’, entrambi tanto piu’ violenti quanto piu’ alto e ampio e’ il camino. Lo stesso capita dentro le montagne; abbiamo visto che l’aria interna ha una temperatura quasi costante, ma quella esterna no: quando l’aria interna risulta piu’ calda di quella esterna (in inverno, ad esempio) le masse d’aria nel monte tendono a salire, mentre d’estate, quando l’interno risulta piu’ freddo dell’esterno, l’aria interna non riesce piu’ a “galleggiare” e cade, facendo si’ che le entrate alte aspirino aria e quelle basse la soffino fuori. Perche’ avvenga questo fenomeno occorre che ci siano molti ingressi, ma le grotte li hanno sempre, anche se spesso gli speleologi ne conoscono uno solo. Come capita nei camini, anche nelle montagne le correnti d’aria sono tanto piu’ violente quanto maggiore e’ la vastita’ della grotta. Questi flussi d’aria hanno normalmente velocita’ di pochi metri al secondo, ma a volte sono estremamente violente: si pensi che in una grotta (Pinargotzu, Turchia) e’ stato misurato un vento di oltre 160 chilometri orari!
Le grotte possono riempirsi d’acqua?
Sono pochissime le grotte che davvero si riempiono, che cioe’ si saturano completamente d’acqua; sono molte invece quelle che in caso di forti piogge sono soggette a piene che allagano zone di passaggio. In esse gli speleologi (si tratta sempre di grotte non aperte al pubblico) possono rimanere bloccati anche per giorni; in questi casi, in genere, la squadra bloccata non corre veri rischi se ha quel minimo di cibo che sempre ci si porta appresso: bisogna, e basta, aspettare. La situazione e’ pericolosa se vi finiscono degli inesperti, che possono decidere incoscientemente di superare il blocco imposto dall’acqua, finendo per rischiare di annegare o di morire assiderati se si sono infradiciati. Proprio per questo in tali casi la squadra di soccorso cerca di raggiungere al piu’ presto gli sfortunati prima che si gettino in queste azioni temerarie.
Le grotte possono crollare?
In tempi geologici si’: crollano, e i massi di crollo vengono disciolti dai ruscellamenti e portati via; ma su una scala umana di tempo la risposta e’ no, non crollano e anzi, le grotte sono molto stabili. La parte percorribile di una grotta sta li’ da centinaia di migliaia di anni, e quella che vediamo e’ proprio la struttura che la montagna ha assunto per resistere all’infinita’ di terremoti che ha certamente subito in passato: solo qualche raro masso pericolante rischia di smuoversi al passaggio dei primi esploratori in zone sconosciute. I crolli antichissimi avvenuti in una grotta, insomma, sono sempre numerosissimi, ma e’ davvero improbabile che se ne verifichino altri proprio mentre noi siamo li’: persino nel caso di violenti terremoti tendono a crollare solo le strutture piu’ recenti, come le concrezioni. A questo proposito, anzi, aggiungiamo che la paleo-sismologia deduce le caratteristiche di antichi fenomeni sismici dal tipo delle concrezioni che sono state rotte in quei casi e che ora troviamo a terra in mezzo ad altre che sono rimaste intatte.
Come si formano le concrezioni?
Si formano quando le infiltrazioni d’acqua che entrano in una cavita’ per qualche motivo si vengono a trovare soprassature di carbonato di calcio: quel che accade e’ che il sale in eccesso “precipita” (il processo inverso dello “sciogliersi”) e si deposita nella grotta. Le concrezioni che si formano sono molto varie e di grande fascino soprattutto perche’ esulano dalla normale esperienza di chi non e’ mai stato in grotta: e’ infatti rarissimo che all’esterno si creino condizioni adatte a formarle. Sono molto varie e complesse anche le modalita’ di dettaglio con cui una goccia d’acqua riesce a diventare soprassatura in quel punto particolare della caverna: vi intervengono evaporazioni, cessioni di anidride carbonica, micro-variazioni di temperatura, correnti d’aria… Le concrezioni sono in genere di calcite, cioe’ di carbonato di calcio cristallino, dato che e’ il sale piu’ abbondante presente nelle acque di grotta. Ma, piu’ raramente, possono esistere anche concrezioni di altri minerali (ne sono stati descritti oltre duecento) di cui i piu’ comuni sono l’aragonite ed il gesso. I processi per i quali in una grotta si formano concrezioni di certi minerali invece che di altri sono molto complessi e, in molti casi, non ben compresi.
In quanto tempo si formano le concrezioni?
Le velocita’ di deposizione delle concrezioni sono legate al dettaglio delle condizioni ambientali che le causano. Variano ampiamente: alle nostre latitudini e con il nostro clima la velocita’ di crescita varia da 3 a 400 millesimi di millimetro ogni anno. In casi particolari le variazioni possono essere ancora piu’ grandi: per esempio le acque termali riescono talvolta a far crescere concrezioni con velocita’ centinaia di volte maggiori dei massimi appena detti. D’altro canto bisogna tener presente che le concrezioni possono smettere di crescere anche per lunghi periodi o addirittura, se le condizioni dell’acqua sono variate a sufficienza, essere parzialmente ridisciolte.
Si puo’ bere l’acqua delle grotte?
La potabilita’ dell’acqua che esce dalle montagne calcaree e’ legata alla sua storia prima dell’assorbimento. In genere l’acqua di grotta non viene filtrata lungo il suo percorso perche’ corre in ambienti di dimensioni molto maggiori delle particelle che eventualmente possono inquinarla, ne’ incontra microrganismi che la purifichino. Bere in grotta, o bere alla risorgenza, e’ percio’ quasi esattamente come bere l’acqua quando entrava sottoterra, cosi’ com’era al momento dell’assorbimento. Alla risorgenza, a valle, si beve acqua di montagna se le zone di assorbimento sono in alta montagna; se invece l’acqua e’ stata assorbita in un’area popolata, dalle risorgenti sgorghera’ all’incirca acqua di fogna.
Si possono usare le grotte per le discariche?
Ma certamente! Vi si possono buttare animali morti, scorie industriali, rifiuti di ogni genere: basta essere disposti a bersi tutto quanto a valle o nelle citta’ alimentate dalla grotta usata come discarica. Quel che e’ certo e’ che l’interno del monte non filtra nulla: cio’ che viene buttato in un buco lassu’ sgorghera’ dalla sorgente quaggiu’, e in genere non ci mettera’ neppure molto tempo. Bisogna tenere bene a mente, infatti, che anche quei profondi pozzi persi su remote superfici di montagne calcaree non sono in comunicazione con il Centro Della Terra o con l’Inferno: comunicano direttamente con le sorgenti; e’ per questo che sottolineiamo sempre molto il fatto che proteggere le grotte e’ anche uno dei modi per proteggere gli acquedotti che ne utilizzano le acque! E’ inoltre importante sottolineare il fatto che oltre meta’ delle acque potabili in Italia (ma la quasi totalita’ nell’Italia Centrale e Meridionale) proviene da montagne carbonatiche, cioe’ da ambienti carsici, e che questa percentuale e’ destinata a crescere a causa del fatto che le altre acque normalmente utilizzate, quelle estratte con pozzi dai terreni alluvionali, stanno divenendo troppo inquinate per essere bevute.
Sono tutte conosciute?
Assolutamente no. Grazie soprattutto alle grandi esplorazioni di questo ultimo decennio, siamo portati a ritenere che solo una minima parte del mondo sotterraneo sia noto: e questo vale anche per le montagne piu’ esplorate. Sembra che in realta’ le grotte siano molto, molto piu’ vaste di quanto gli speleologi possano sperare di esplorare in modo adeguato. Purtroppo pero’ le grotte tendono a formarsi nei nuclei delle montagne senza preoccuparsi di formare anche ingressi praticabili agli uomini, che dunque rimangono bloccati fuori. A rendere ancora piu’ difficile l’accesso all’interno sta il fatto che le rare entrate, quando ci sono, si trovano sempre esposte alla demolizione dovuta agli agenti esterni (frane, piogge, ghiacciai) che spesso tendono ad ostruirle. E’ per questo che molto spesso riusciamo a sapere da vari indizi che nel sottosuolo di una certa zona c’e’ una grande grotta inesplorata nella quale pero’ non abbiamo modo di entrare.
Cosa si intende per grotte turistiche?
Vengono definite “turistiche” tutte quelle cavita’ naturali per la cui visita (sempre guidata e a pagamento) non vi e’ bisogno di attrezzature e abbigliamento speleologico. Perche’ siano possibili queste condizioni vengono sistemati dei camminamenti, generalmente pavimentati in cemento, muniti di ringhiere; le gallerie vengono dotate di impianti fissi di illuminazione. Le grotte che soddisfano solo in parte queste condizioni vengono definite semi-turistiche.
Le grotte turistiche sono grotte rovinate da un punto di vista speleologico?
No, se l’adattamento e la gestione sono fatte con cura. Si ha senza dubbio un’alterazione rispetto alle condizioni originarie ma compito e interesse del progetto e della gestione e’ proprio contenere al massimo queste alterazioni in modo da offrire ad un vasto pubblico una visione del mondo sotterraneo quanto piu’ intatta possibile. E’ pur vero che gli speleologi ‘sentono’ la grotta e possono spaziarvi molto di piu’ di quanto sia possibile in una grotta aperta al pubblico, ma molti particolari sfuggono loro sia per la scarsa illuminazione sia per la difficolta’ del terreno che li obbliga a concentrarsi sull’avanzata. Le grotte sono in genere ambienti molto fragili, sorta di pinacoteche dai quadri delicatissimi, che possono essere facilmente danneggiati dal passaggio di centinaia di migliaia di visitatori: se non si prendono attente precauzioni si rischia di perdere tutto. I camminamenti devono svilupparsi lungo tracciati che non comportino danneggiamenti e si devono impedire sia la formazione di vegetazione alimentata dalla luce dei riflettori sia le variazioni del regime di ventilazione naturale della cavita’. Bisogna anche aggiungere che, sovente, l’operazione di rendere turistica una grotta risulta essere l’unico modo per proteggerla. Infatti capita spessissimo che una splendide cavita’ di accesso relativamente facile, non appena gli speleologi che l’hanno esplorata ne diffondono la notizia, venga saccheggiata da vandali che cercano mineralizzazioni per venderle. La reazione piu’ corretta da tenere nei confronti di chi offre questi poveri tesori delle montagne e’ quella di rifiutarsi di comprarli, ma non basta, come non bastano cancelli o muri che cerchino di impedire l’entrata ai vandali: occorre una sorveglianza continua che protegga quei posti meravigliosi per chi li voglia vedere in futuro. Ricordiamo infine che le grotte turistiche possono permettere sia il finanziamento di ricerche scientifiche altrimenti impossibili, sia un ottimo lavoro di divulgazione speleologica presso il grande pubblico.
Quali sono le grotte principali in Italia?
L’importanza di una grotta e’ legata a molti fattori quali ad esempio: profondita’, sviluppo, antropizzazione, bellezza. La grotta piu’ profonda (cioe’ quella che ha il dislivello maggiore fra la quota interna piu’ alta e quella piu’ bassa), e’ Olivifer (-1210) sul Monte Grondilice, Apuane (MS). La seconda e’ il Complesso Fighiera’-Farolfi-Antro del Corchia, nel Monte Corchia, Apuane (LU): e’ solo una decina di metri meno profonda della precedente, ma ne e’ ben piu’ estesa, oltre cinquanta chilometri. Se siamo invece interessati allo sviluppo, cioe’ a quante gallerie la formano, e’ il citato Complesso del Corchia che vince (oltre 50 km di sviluppo), distanziando largamente il Complesso di Piaggia Bella (35 km), nel Marguareis, Alpi Marittime (CN). Forse invece siamo interessati al complesso di un’area: in una montagna carbonatica, infatti, in genere conosciamo moltissime grotte che consideriamo distinte solo perche’ non sappiamo passare dall’una all’altra. Ma questo, per la montagna, e’ un dettaglio irrilevante: in genere si tratta di un’unica, immensa grotta che e’ l’interno del monte. Quale e’ la maggiore, cioe’ quale e’ la montagna nella quale si conoscono piu’ grotte? Attualmente e’ il Marguareis (CN), alle falde del quale sgorgano due grandi risorgenze, Foce e Pis del Pesio. Sono tributari della prima sorgente degli assorbimenti d’acqua dispersi in un bacino di 20 kmq, in cui sono noti circa 65 km di gallerie; nel secondo bacino, meno esteso, conosciamo 18 km di gallerie. Quante ce ne saranno in realta’? Chissa’. Vent’anni fa nella prima area conoscevamo meno di dieci chilometri di gallerie e ne sospettavamo una cinquantina, ma ora siamo gia’ ben oltre: ci saranno, probabilmente, alcune centinaia di chilometri di gallerie percorribili. Ma in Italia ci sono altri monti calcarei ben maggiori, nei quali pero’, sinora, non siamo stati capaci di trovare gran che. Chissa’ in futuro. E quali sono quelle che piu’ hanno avuto peso nella storia della speleologia? A questo la risposta e’ piu’ semplice: le grotte piu’ importanti sono quelle del Carso, tanto che “carso” e’ diventata una radice che in tutte le lingue e’ associata alle grotte. Si tratta di un vasto altipiano, adesso condiviso con la Slovenia, tutto traforato di grotte, piccole per gli standard attuali (le maggiori superano di poco i trecento metri di profondita’ e pochi chilometri di sviluppo) ma che, soprattutto nel secolo scorso, hanno avuto un ruolo decisivo nel far nascere la speleologia moderna.
Quali le principali nel mondo?
Ci interessano quelle che attualmente sono piu’ estese? Non c’e’ dubbio: la maggiore e’ una di quelle che hanno tenuto a battesimo la speleologia statunitense, il sistema Mammoth-Flint Ridge, in cui sono note 550 km di gallerie, esplorate in oltre un secolo di ricerche. La seconda e’ una grotta nei gessi dell’Ucraina, la Optimisticheskaja: e’ poco piu’ di un terzo della prima ma con essa condivide il fatto di essere un intricatissimo groviglio di gallerie (esteticamente bruttissime…) esteso su pochi chilometri quadrati di superficie. La terza invece e’ splendida: si tratta della Holloch, in Svizzera, un gran complesso freatico alpino, molto esteso anche in verticale. Se invece ci chiediamo quali siano le grotte piu’ profonde il discorso si complica: ce n’e’, si’, una piu’ profonda di tutte che e’ sulle Alpi francesi, in Alta Savoia, appena di la’ del Monte Bianco. Si chiama Reseaux du Foilly (o Jean Bernard), ed e’ profonda oltre milleseicento metri. Il guaio e’ che le altre grotte di profondita’ comparabile sono molte e il dato della profondita’, a differenza di quello della lunghezza, si presta ad essere variato in poche ore da esploratori decisi e fortunati: insomma, la tabella delle grotte piu’ profonde e’ molto instabile. In sintesi possiamo percio’ dire che le grotte di maggior dislivello attualmente note sono di profondita’ che oltrepassano il chilometro e mezzo, e che (anche in Italia) stiamo curando esplorazioni che ci porteranno vicini ai due chilometri. E quali sono le grotte maggiori possibili? Mah! Le profondita’ massime teoriche, in pratica i dislivelli massimi dei massicci carbonatici maggiori, superano in molte zone i 2500 m (in Pamir, sui Pirenei, ma anche sulle Alpi Lombarde) e in alcuni casi addirittura i 3500 m (Nuova Guinea). Quanto alle lunghezze totali massime possiamo solo fantasticare. Sappiamo che il carsismo in certe montagne crea decine di chilometri di gallerie percorribili in ogni chilometro cubico di roccia; sappiamo pure che alcune risorgenze ricevono acqua da migliaia di chilometri cubici di calcare: e’ dunque probabile che la’ sotto ci siano grotte che si sviluppano per decine di migliaia di chilometri. Sono grandi davvero, no? Un pianeta inesplorato. E’ anche per questo che vogliamo cercare di informare al meglio sulla nostra attivita’: il problema esplorativo che abbiamo scelto di affrontare e’ davvero molto, molto grande e ci fa proprio piacere sentirci capiti.
GLI SPELEOLOGI
A cosa serve la speleologia?
“Servire”? Se si intende “avere qualche immediata utilita’ pratica monetizzabile” possiamo senz’altro dire, con una certa fierezza, che la speleologia in genere non “serve” proprio a nulla, proprio come capita all’astronomia e alla fisica delle particelle. La speleologia e’ una minuscola parte di un vasto insieme di ricerche che vengono condotte avanti soprattutto per se’ stesse, per curiosita’, come del resto si fa con la maggior parte della scienza. La trasformazione dei risultati della ricerca di base in “cose utili” e’ imprevedibile e, addirittura, in genere viene fatta da persone diverse dai ricercatori che hanno “condotto l’esplorazione”. I risvolti pratici delle ricerche speleologiche (ce ne sono piu’ di quanto capita in altri campi, ad esempio, nell’astronomia) vengono incontrati quasi per caso, inattesi. Per esempio: la speleologia aiuta a chiarire la circolazione delle acque nel sottosuolo, a capire la struttura interna delle montagne, permette di incontrare animali interessanti e mineralizzazioni nuove. Ma non e’ per queste cose che andiamo nelle grotte: ci spinge il fatto che riusciamo ad esplorare e descrivere un pianeta nel pianeta. Se questo finira’ anche per risultare “utile” tanto meglio, se no pazienza, sara’ stato molto interessante lo stesso.
La speleologia e’ un “alpinismo all’ingiu'”?
No. Con l’alpinismo ha in comune alcune tecniche di arrampicata (ma gli alpinisti sono molto piu’ bravi), in comune il fatto che nemico principale di alpinisti e speleologi e’ il freddo (ma in grotta e’ un penetrante freddo umido, in montagna un gelo profondo), il fatto che le due attivita’ si fanno in montagna (ma gli alpinisti vanno piu’ in alto). Speleologi ed alpinisti inoltre hanno in comune alcuni materiali e questo fatto, marginale, e’ quello che piu’ induce gli ignari a pensare alla speleologia come ad una variante dell’alpinismo. E’ sbagliato, anche solo perche’ li utilizzano in modo diverso: gli alpinisti si spostano sulla roccia e usano le corde per rimediare alle cadute, gli speleologi in genere rifuggono dalla roccia e si spostano proprio sulle corde (ma, ahime’, la roccia non rimedia alle cadute anche se le arresta…). Ma queste differenze sono piccole: quella essenziale e’ che l’alpinista conosce il luogo geografico dove andra’, l’esploratore ipogeo no. L’uno vuole cimentarsi nel superamento di un problema arduo, l’altro soprattutto vedere le vie dell’acqua dentro una montagna. L’ambiente mentale in cui si muove l’alpinista e’ la difficolta’, quello dello speleologo l’ignoto. Lo speleologo e’ un geografo. Si immagini un continente sempre pieno di nebbie e che sia possibile conoscerne solo le coste, vederne le foci dei fiumi. Se l’alpinismo fosse l’inoltrarsi nelle nebbie dell’interno, risalire i fiumi oscuri sino alle sorgenti, risalire pareti alla cieca, disegnando e rilevando i percorsi e le vie alternative, se fosse misurare vette nel buio scoprendo pareti, valli, connessioni fra le montagne, allora effettivamente la speleologia sarebbe alpinismo all’ingiu’.
Quanti sono gli speleologi in Italia?
Quelli organizzati in societa’ nazionali sono circa duemila, quelli occasionali quattro o cinque volte di piu’. In genere ogni speleologo fa parte di un gruppo speleologico che coordina l’attivita’ esplorativa e promozionale a livello locale: in Italia ce ne sono circa duecentocinquanta.
Cosa fate voi speleologi tutto il tempo che state in grotta?
Soprattutto: ci spostiamo. Le grotte sono spesso molto vaste e purtroppo gli accessi percorribili sono sempre pochi. Questo fa si’ che per raggiungere certe zone dell’interno della montagna occorra percorrere vie molto lunghe, tortuose e faticose: a volte dobbiamo spendere dieci, venti ore di viaggio per raggiungere una certa regione nella quale potremo rimanere in esplorazione solo per poche ore. Il cammino in grotta e’ una sorta di percorso di guerra, una serie interminabile di difficolta’ di poco conto, ognuna delle quali pero’ permette l’avanzata di soli pochi centimetri. La velocita’ di progressione e’ cosi’ sempre molto bassa (in media gli speleologi piu’ veloci superano ogni ora solo due o trecento metri di percorso sub-orizzontale) e percio’ le permanenze tendono in media ad essere piuttosto lunghe, da dieci a venti ore per volta. Naturalmente esistono eccezioni: ci sono sia le escursioni di cinque o dieci ore in grotte facili, sia le massacranti discese di trenta ore senza bivacco (o di molte decine con bivacchi intermedi) in grotte molto difficili.
Come andate attrezzati?
Abbiamo sempre un casco sul quale fissiamo l’impianto di luce, in genere ad acetilene con in piu’ una luce elettrica per situazioni di emergenza. Il resto dell’attrezzatura individuale dipende dal tipo di grotta in cui si entra, ma le grotte che presentano tratti verticali sono la quasi totalita’ e percio’ in genere indossiamo anche imbraghi ed attrezzi da corda: sono simili a quelli che usano gli alpinisti, ma di tipo un po’ diverso. Il vestiario e’ molto variabile, legato com’e’ alle condizioni ambientali della grotta, soprattutto a temperatura e acquaticita’. Di costante c’e’ solo l’indossare un qualche tipo di vestiario termico (possono essere magliette per grotte al livello del mare, tute di pile pesanti per quelle in alta quota, tute stagne per grotte allagate) e, al di sopra di esso, a proteggerlo dagli strappi, una tuta di tessuto molto robusto e poco propenso ad assorbire acqua, in genere nylon antistrappo.
Ci si perde facilmente?
In genere no e, quando capita, e’ facile accorgersene e rimediare. Il cammino, normalmente, e’ lungo ma abbastanza unico: basta un poco di attenzione ai passaggi, curarein andata di guardarsi anche all’indietro nelle zone complicate in modo da saperle riconoscere al ritorno, per essere sicuri di non avere gravi problemi: sempre che, naturalmente, si sia speleologi di una certa esperienza.
C’e’ sempre qualcuno all’ingresso che aspetta che usciate?
Quasi mai, veniamo invece attesi in citta’. Ogni volta che andiamo in una grotta ne informiamo i colleghi del nostro gruppo speleologico che sanno sempre in che grotta (o in che regione sotterranea, nel caso di grotte grandissime) siamo andati. Grosso modo sanno anche l’ora prevedibile di rientro: in caso di ritardo mettono in pre-allarme le nostre Squadre di Soccorso, che poi partono quando il ritardo accumulato e’ diventato eccessivo.Pero’ in questi casi, in genere, vale il detto che “nessuna notizia e’ una buona notizia”: capita molto spesso di accumulare ritardi mentre invece sono rarissimi gli incidenti che realmente facciano si’ che neppure uno della squadra riesca ad uscire a dare l’allarme.
Occorrono doti particolari per fare speleologia?
La normale attivita’ richiede una preparazione atletica molto ridotta: sono sufficienti un fisico sano ed una certa abitudine a muoversi. Il discorso cambia se si vuole accedere alle zone piu’ remote delle montagne perche’ la preparazione (fisica, tecnica e psicologica), puo’ dover essere notevole. Anche ad essa, comunque, si arriva per gradi: “un cammino di mille leghe inizia con cio’ che sta sotto i piedi”. Certo, non bisogna soffrire di claustrofobia, ma e’ una malattia molto rara: frequente e’ invece la paura di soffrirne. E’ un po’ quello che capita anche con le “vertigini”, un’altra sindrome rarissima, che viene quasi sempre confusa con la paura del vuoto che affligge chi non e’ addestrato alle posizioni molto aeree: una paura sana e utile che si impara a vincere quando non serve piu’. D’altra parte una buona parte della speleologia include attivita’ che sono divertenti e fisicamente di tutto riposo: scrivere questo minuscolo libro, ad esempio.
Costa molto fare speleologia?
Le piu’ semplici grotte a bassa quota sono visitabili con quel poco di materiale individuale assolutamente indispensabile (casco, luce acetilene, vestiti robusti, calzature affidabili) con un costo davvero contenuto. Un’attivita’ di maggior livello nella quale si affrontano anche pozzi a quote di media montagna richiede anche un vestiario speciale, attrezzi specifici e vestiario per l’esterno. Possiamo dire che l’intera attrezzatura di uno speleologo medio costa un po’ piu’ di quella necessaria ad uno sciatore e un po’ meno di quella di un alpinista. Oltre ai costi individuali ci sono quelli per gli attrezzi collettivi (corde, chiodi, strumenti ed altro). Di norma sono di proprieta’ dei gruppi speleologici che li comprano suddividendo le spese fra i soci; normalmente si tratta di una spesa pro capite che e’ solo una piccola frazione di quella per l’attrezzatura personale.
Chi paga le spese di queste ricerche?
Di solito la speleologia e’ interamente pagata da chi la pratica. Solo molto di rado, e per problemi specifici, si riescono ad ottenere piccoli finanziamenti per l’acquisto di materiali speciali o per particolari lavori sotterranei.La situazione e’ un poco migliore per le grandi spedizioni speleologiche all’estero i cui costi altissimi vengono parzialmente coperti da ditte promotrici: ma questo puo’ causare la rinuncia a ricerche interessanti ma che non promettono un ritorno di immagine. Negli ultimi anni le Regioni piu’ sensibili ai problemi di conoscenza e protezione del territorio e delle acque si stanno dando leggi che finanziano le attivita’ di pubblicazione e organizzazione dei dati raccolti dagli speleologi, e questo ha indotto notevoli miglioramenti del livello documentativo: ma ancora molta strada ci separa da un utilizzo intelligente delle conoscenze speleologiche.
Quali sono i principali pericoli nelle grotte?
I pericoli che minacciano gli speleologi occasionali e quelli esperti sono di tipo diverso. I primi sono minacciati non tanto dalla grotta in se’ quanto dal fatto che non hanno un adattamento specifico per percorrerla; e cosi’ chi vi si inoltra in modo incosciente rischia di perdersi (perche’ non sa riconoscere i passaggi difficili da trovare al ritorno), di rimanere senza luce (perche’ ha impianti poco efficienti e spesso nessuno di riserva), di scivolare e di farsi male (perche’ non si sa muovere o perche’ la sua luce non illumina con precisione gli ostacoli). Nel caso di chi si avventura in strutture verticali senza adeguata preparazione ed attrezzature specifiche il rischio, altissimo, e’ quello di precipitarvi. Lo speleologo esperto invece e’ al riparo da alcuni di questi incidenti, ma e’ esposto ad altri: citiamo soprattutto le scivolate, di norma provocate dalla stanchezza in discese molto prolungate, le piene e la caduta di sassi nelle zone poco esplorate, che quindi non sono state ancora stabilizzate dal passaggio degli speleologi.
Gli incidenti sono frequenti?
Per fortuna no, per vari motivi. Uno e’ che quelli che vanno nelle grotte non sono molti. Un altro e’ che la maggioranza di chi si accosta alla speleologia lo fa in modo abbastanza coscienzioso, imparando i rudimenti con uno dei numerosi, ottimi corsi che vengono organizzati in ogni parte d’Italia dai locali gruppi speleologici. Gran parte di chi va in grotta, insomma, ha una preparazione specifica. In montagna la situazione e’ un po’ diversa, tanto che solo meno di un quarto degli incidenti di montagna capitano a persone con una qualche preparazione alpinistica: la maggior parte delle vittime e’ costituita da visitatori occasionali, in genere vittime della propria inesperienza. Una montagna con una bella giornata di sole puo’ attrarre chiunque a spingersi piu’ in la’ di dove si sapra’ tornare in caso di peggioramento del tempo: le grotte no, tendono a respingere gli inesperti. C’e’ purtroppo l’altra faccia della medaglia: visto che in grotta gli infortuni capitano quasi esclusivamente a speleologi, possono avvenire in zone molto remote, lontane dalle entrate. E’ a causa di questo che e’ ben raro che un incidente speleologico sia di soluzione semplice: richiede sempre un grande impegno ad un gran numero di soccorritori dai quali si pretende una notevolissima preparazione specifica.
Chi interviene in caso di incidente?
Interviene il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, con le sue squadre di volontari, organizzate in modo da coprire l’intero territorio nazionale. Il CNSAS e’ l’organizzazione che, per legge, si occupa dei soccorsi in ambiente montano, e dunque in montagna, in grotta e nelle forre. Ne fanno parte circa seimila volontari incaricati del soccorso alpino e altri seicento che si occupano del soccorso in grotta e in forra. La suddivisione della sezione speleologica e’ grosso modo regionale (se ne puo’ trovare il dettaglio in queste pagine). Ogni delegazione comprende una cinquantina di volontari specialisti che in genere sono sufficienti per rimediare ai guai capitati sul loro territorio. Nel caso di incidenti gravi l’intera struttura nazionale viene messa in allarme ed eventualmente interviene.
Quali sono le difficolta’ di recupero?
Purtroppo le difficolta’ di recupero sono quasi sempre molto grandi. Mentre in montagna l’uso dell’elicottero rende molto spesso l’intervento rapido e risolutivo, in grotta non vi sono scorciatoie: bisogna ripercorrere all’inverso il cammino percorso, anche allargando i passaggi stretti che, superabili da una persona sana, sono invalicabili ad una ferita, chiusa in una barella. Grosso modo possiamo dire che il recupero di un infortunato da un certo punto di una grotta richiede un tempo almeno dieci volte maggiore di quello necessario ad andarci da sani. Se si pensa che attualmente gli speleologi arrivano ad esplorare frequentemente a dieci ore dalle entrate (in casi eccezionali sino a venti ore!), si puo’ capire quanto sia grave il problema posto ai soccorritori del CNSAS.
Chi ve lo fa fare di andare nelle grotte?
Il fatto che e’ molto bello. E’ un’attivita’ nella quale si prende un mucchio di freddo, ci si bagna, si spendono soldi, si fa spesso una fatica veramente bestiale: ma nell’insieme e’ molto bella. Forse il lettore pensera’: “sara’ perche’ vedete dei posti belli, delle belle concrezioni”. Si’, certo, nelle montagne ci sono cose e luoghi estremamente belli, ma non e’ solo (e non e’ tanto) quello il motore: infatti capita molto piu’ spesso di attraversare posti esteticamente dubbi o decisamente brutti e le concrezioni sono sempre rare. Il motore principale che ci spinge sottoterra e’ la possibilita’ di scoprire un immenso mondo inesplorato. Si viene a scoprire che esiste il mistero nel territorio che ti circonda, scopri pareti e precipizi nell’oscurita’ di luoghi impensabili, scavati poco al di sotto di posti solari che facevano credere di essere completamente abbracciabili con lo sguardo. A volte si riesce a vagare in mondi giganteschi e mai visti da esseri umani, ad esplorare i fiumi a monte delle sorgenti, a contemplare il riunirsi delle loro acque nel buio. Si imparano a vedere le montagne non solo dotate di superficie, ma di volume; e diventando astronauti capace di attraversarli. Insomma, spesso ne vale veramente la pena.