Due parole di geografia.
Dall’altra parte del mondo. E pure a testa in giù… come nei cartoon della prima ora, con le figure ritagliate a “caposotto”. Ecco la Nuova Zelanda come la immaginavo da piccolo. Un posto lontanissimo e mitico, perso nelle nebbie dell’antartide, luogo di pirati e di selvaggi giganti Maori.
Poi cresci e il mito diventa sogno. La voglia di fuggire, che non ci lascia mai, mi porta a sognare di andare in un posto come l’Italia ma dall’altra parte del mondo. Già perché uno strano destino geografico accompagna la penisola italica alle isole della Nuova Hollandia, come le chiamarono i primi esploratori olandesi. L’estensione dei nostri due stati non è molto diversa: 270.500 kmq per New Zealand e 301.336 per lo stivale. Una estensione tutta in diagonale, con la differenza che laggiù il punto più freddo è all’estremo meridionale, dove soffiano incessanti i venti del polo sud.
Anche se le similitudini geografiche posson finire qui visto che tutti gli abitanti della Nuova Zelanda sono meno di 4 milioni, cioè circa come Roma e Milano messe assieme. Tanto che la loro densità per kmq è di 16 abitanti (26 nell’isola del nord e 6 in quella del sud), mentre la nostra è 192!
Basterebbero questi pochi numeri per prendere subito l’aereo e partire… visto anche che la nostra meta, l’isola del nord, è in piena primavera e si affaccia sull’estate.
Lontano dalle città, vedrete, non è raro fare chilometri e chilometri, pardon! miglia e miglia, senza incontrare anima viva.
Il volo per raggiungere Auckland è piuttosto lungo e necessita di una tappa negli Usa o in Asia da qualche parte. Vi consiglio di non correre come matti perché il jet lag affatica tanto e se vi è possibile di fermarvi un giorno o due nella tappa obbligata, per farla divenire un piacevole intermezzo del viaggio.
La città più grande.
Auckland, principale città neozelandese, vera e propria capitale delle isole del Pacifico, con circa un milione di abitanti, ma con almeno altre trecentomila nel distretto intorno è ormai famosissima anche da noi dopo le ultime edizioni dell’America’s cup di vela. E’ una bellissima città di mare, piena di verde e di spazio, con poco traffico.
E’ il più importante porto del paese, situata su uno stretto istmo che separa i porti di Manukau sul mare di Tasman e Waitemata sull’oceano Pacifico. Il clima è mite, temperato oceanico, le estati sono di 3-5 gradi più fredde di quelle italiane, alle stesse latitudini, a causa dell’oceano australe, raffreddato dall’enorme massa di ghiaccio dell’antartide.
La città quale oggi la vediamo è eredità della colonizzazione europea. Olandesi ed inglesi vi arrivarono intorno al 1820, ma la storia del luogo ha inizio intorno al 1350 quando vi si insediarono diversi villaggi Maori, tanto che all’arrivo degli europei la popolazione locale era di circa 20 mila persone.
Oggi la città sembra quasi San Francisco, ma è molto più tranquilla ed ordinata. Ciò che colpisce subito subito è la luce. La bellissima luce antartica. Con un cielo basso e polarizzato, blu o azzurro intenso, mai bianco latte. Un cielo regno di nuvole che corrono veloci in questa terra di vento e di mare, di sole e di uccelli che volano dovunque. Già gli uccelli. Ne ho sbagliato di foto i primi giorni! Perché da noi quando vedi un animale da fotografare devi essere pronto a focheggiare all’infinito perché scapperà sicuramente. Ecco gli uccelli locali ti vengono incontro curiosi!
Si riesce a fermarsi a far foto dalla visuale giusta praticamente senza venir disturbati dal traffico che va ordinato e quasi “silenzioso”!
E poi i “kiwi”, come i neozelandesi chiamano se stessi, sono cordiali ed ospitali. Occorre solo superare l’imbarazzo dello slang locale, di un inglese poco british che potrebbe spaesare un po’ all’inizio.
Non mancate di visitare la torre della televisione, ardita ed avveniristica costruzione, da cui si gode uno splendido panorama su tutta la baia di Auckland e sulle mille barche che ne solcano i suoi mari.
Da visitare assolutamente è lo splendido museo della civiltà Maori, con incredibili reperti della cultura indigena della Nuova Zelanda e moltissime testimonianze di altre culture dei popoli delle isole dell’oceano Pacifico. Interessante e abbastanza moderno è anche il museo di storia naturale della città.
Ma se avete voglia di fare un giro più completo, visitate anche l’antica dogana, il Victoria Park Market, il vecchio municipio e la Art Gallery dove sono esposti diversi dipinti originali della famosa traversata di James Cook.
Alla scoperta di North Island.
Ecco se sin qui ad Auckland è stato abbastanza facile ora iniza il difficile. Preso il nostro camper si parte alla scoperta di questa isola bellissima… ricordandoci che la guida è a sinistra e le indicazioni sono in miglia, perché la cultura britannica proprio non ci sente all’idea di allinearsi con il resto del pianeta. E così in questo paese appartenente al Commonwealth diamo la precedenza a sinistra!
Appena 20-30 km fuori dalla metropoli è aperta campagna. Il verde ed il blu sono i colori di questa terra fertile e percorsa da tanti corsi d’acqua liberi da cemento come non si può immaginare per noi europei.
Nelle campagne regna indisturbata la fiducia. Lungo le strade, spesso, troverete dei banchetti con frutta e altri prodotti agricoli, spesso già in sacchetti porzionati a costi esposti. Ma non c’è nessuno. I neozelandesi si fidano che voi sarete così onesti da prendere quel che vi serve e lasciare il denaro corrispondente nella cassetta apposita. Per noi è pura fantascienza!
Orewa.
Lasciato l’hinterland di Auckland, ci dirigiamo a nord, lungo la State Highway 1. Cerchiamo subito il caldo lungo la Hibiscus Coast. Scopriamo la lunghissima spiaggia di Orewa tra stuoli di confidenti gabbiani della Nuova Zelanda (Red-billed Gull).
Northland.
Dopo questo primo bagno nell’oceano Pacifico, proseguiamo il nostro viaggio verso l’estremo nord dell’isola, “persi” per le stradine del Northland. Son posti bellissimi. E’ tutto un susseguirsi di piccoli fiordi che si insinuano tra boschi e foreste primigenie. Questa terra è parte della storia del paese. Fu qui, infatti, che i Maori formarono la propria cultura. Qui si insediò la prima colonia di cacciatori di balene e fu firmato il trattato di Waitangi. Il 6 febbraio del 1840 (oggi è festa nazionale) i capi Maori siglarono un trattato con la corona britannica per cedere la sovranità sulla Nuova Zelanda alla regina Vittoria. Non sapremo mai cosa gli raccontarono per convincerli, tanto che alcuni storici dicono che il testo del trattato tradotto in lingua maori era molto meno vincolante di quello originale in inglese. Sta di fatto che così i francesi dovettero abbandonare ogni pretesa sull’isola del sud, su cui stavano provando ad insediarsi. Le cose non andarono tutte lisce però, tanto che tra il 1843 ed il 1870 ci furono tre sanguinosi conflitti tra i Maori ed i “Pakeha” (coloni) che gli sottraevano le terre migliori. La triste conclusione fu che gli indigeni furono relegati in riserve, con tutte le difficoltà di integrazione che ne son seguite, sino ai giorni nostri. Il trattato di Waitangi è oggi cronaca quotidiana e non solo storia. In quel documento infatti si afferma la tutela dei diritti della minoranza Maori. E oggi che la Nuova Zelanda è terra di emigrazione per altri popoli delle isole del Pacifico o dall’Asia, sono proprio i Maori che non vogliono la modifica delle leggi per aprire il paese alla multiculturalità.
Le foreste di Kauri.
Proseguiamo, dunque, sempre verso nord. Quel “nord senza inverno” dei racconti di viaggio. Il clima è mite, le spiagge son bellissime e le foreste davvero primordiali. Qui ci sono anche alcune delle più belle zone da immersioni di tutta la Nuova Zelanda, già amate e frequentate da Jacques Cousteau.
Ma non perdete assolutamente la visita alle foreste di pino Kauri (Agathis australis). Il terzo albero più grande del mondo che ha seriamente rischiato l’estinzione ed oggi viene amorevolmente protetto nei parchi e nelle riserve di questa penisola nord.
I coloni europei, per estendere i pascoli, infatti, han distrutto gran parte dell’originaria copertura forestale (che oggi occupa il 29% della superficie), costituita da palme e felci giganti che costituiscono un paesaggio vegetale unico ed affascinante. Deviamo quindi sulla strada n. 12 per Omapere. Rientriamo quindi sulla statale n. 1 per non mancare la visita a Ninety miles beach e a Cape Reinga.
Come dice il nome la spiaggia è lunga 90 miglia e costeggia tutto il lato occidentale della penisola di Aupouri. E’ praticamente integra come noi neanche possiamo sognare in Italia.
Proseguendo arriviamo quindi al capo della penisola. Dove l’oceano Pacifico precipita rumorosamente nel mare di Tasman, con onde di oltre 3 metri. E non è una licenza poetica.
I fondali della Nuova Zelanda, infatti, son profondissimi: il mare si inabissa fin oltre 5000 metri verso l’Australia e oltre 9000 metri sul versante orientale. Qui davvero la geologia e la geografia son storia e religione. La piattaforma continentale australiana finisce qui e il crollo nell’abisso sottostante è davvero fragoroso, da non perdere. Dal faro di To Rereinga Wairua potrete ammirare uno degli spettacoli naturali più belli ed inconsueti del pianeta. Mi raccomando di rispettare i luoghi che son parte integrante della mitologia e della spiritualità Maori.
Ritornando a sud, dopo la visita a questo bellissimo angolo di mondo fate un salto a Spirit bay: c’è un’area di sosta da dove potrete ammirare il cielo stellato del Northland. Un luogo un po’ essenziale ma spettacolare. Una precauzione: l’area è invasa dalle “sandfly” una specie di moscerino che ha una pinzatura davvero noiosa. Quindi mi raccomando utilizzate un repellente apposito (nel paese ce ne sono di ottimi anche bio e naturali, piuttosto efficienti).
Andando a sud sulla statale n. 1, ci fermiamo a Whangarei per visitare una “kiwi house”, presso il locale museo, un luogo in cui poter osservare nel buio artificiale i kiwi in un regime di semilibertà.
Attenti al rientro verso Auckland… fate in modo di non farla coincidere con il rientro dal week end o perderete tempo prezioso.
Un aneddoto di viaggio.
Mentre rientravo a sud, ci siam fermati per una sosta ma non trovando campeggi liberi, scegliamo un B&B. Fuori zoccoli di legno ci dicono chiaramente l’origine dei nostri ospiti. Olandesi che son qui da 40 anni. Il giorno prima ci siam fermati anche a casa di un ciclista svizzero colpito dalla bellezza della Nuova Zelanda, tanto da non rientrare in Europa neanche per prendersi le cose da casa! Effetto dell’altro mondo, quello a testa in giù che ti fa davvero sognare di cambiare.
Ma è poi possibile? Leggo il giornale di Auckland e scorro anche la pagina degli annunci di lavoro. Resto senza parole. L’amministrazione del “Department of Conservation” cerca un guardiaparco e la redazione dello stesso giornale cerca un fotoreporter… da non crederci, senza concorsi o estenuanti praticantati a zero lire. Davvero un altro mondo!
Penisola di Coromandel.
Sognando ancora di restar lì, superiamo l’area metropolitana e giriamo sulla statale n. 2, lambendo la penisola di Coromandel verso la baia di Plenty. Qui sbarcarono i primi Maori in canoa dalla Polinesia: un posto bellissimo.
Dopo la spiritualità di Cape Reinga andiamo a caccia di ambienti naturali e uccelli in libertà.
Le strade son piene di curve e occorre fare attenzione, anche perché ci son tanti opossum per le strade, soprattutto di notte. E’ una storia triste però. Perché questo mite mammifero australiano è stato inopportunemente introdotto in Nuova Zelanda. Qui, in assenza di predatori, si è riprodotto a dismisura sino a divenire un flagello per le colture ed i boschi. Un po’ come il cinghiale da noi. Ora la tragedia è che i neozelandesi lo puntano sulle strade e lo ammazzano con le auto in una sorta di “delirio ecologico” nazionale.
Ma la baia di Plenty oltre che per il turismo è nota per la produzione dei kiwi, autentica ossessione nazionale.
L’Actinidia chinensis, come dice il nome scientifico è un albero da frutta originario della Cina. Ma è in Nuova Zelanda che ha conosciuto un grande successo in termini di coltivazione agricola e di suo sfruttamento commerciale. Tanto che in alcune aziende agricole ci sono veri e propri musei-negozi a base di kiwi. Dai saponi ai profumi, dalle tisane alle marmellate, per giungere ad abbigliamento ispirato dal frutto, davvero ci si può trovar di tutto. Anche se ormai il leader mondiale della produzione del frutto verde è proprio l’Italia.
Rotorua.
Ci dirigiamo ancora a sud verso la zona dei geyser. Deviamo sulla strada n. 30. Rotorua è uno dei luoghi più famosi di North Island. Sia per la sua geotermia vivace ed attiva sia perché qui i Maori sono una realtà sociale oltre che un mito: il 30% circa degli oltre 50 mila abitanti della città (nel paese sono complessivamente il 15%).
Nell’aria c’è dovunque il tipico odor di zolfo. Il villaggio Maori è tutto una polla gorgogliante di fango e acqua bollente. I geyser sono dovunque. Tra questi la meraviglia è il Pohutu con un getto di 20 metri d’altezza! Non mancate di visitare i negozietti Maori, di assaggiare la pannocchia di mais cotta nel geyser o di andare a vedere uno spettacolo di danze indigene. Ne resterete affascinati e scoprirete che i Maori non corrispondono per niente al mito del “buon selvaggio”. La Nuova Zelanda e le Hawaii (e forse l’impero Inca) infatti, sono le uniche eccezioni note di disastri ecologici causati da popoli non europei in epoca storica. Il loro arrivo su queste isole ha infatti comportato una grande devastazione dell’ambiente, la scomparsa di tante specie animali e causato continue guerre fratricide. Sino all’arrivo degli europei che hanno approfittato della situazione di divisioni e completato l’opera di devastazioni ambientali. Oggi, per fortuna, la situazione è ben diversa e New Zealand è nota, oltre che per il rugby, il bungee jumping, la vela ed i kiwi, oppure per il “Signore degli Anelli”, ma anche per essere un paese occidentale tra i più rispettosi dell’ambiente naturale.
La Nuova Zelanda, infatti, è stata tra le prime nazioni al mondo ad istituire parchi naturali.
Tongariro national park.
Seguendo la statale n. 5 e deviando sulla strada n. 47 raggiungiamo uno dei parchi più belli della Nuova Zelanda. Il Tongariro, situato nella zona centrale dell’isola del nord, è il primo parco istituito in Nuova Zelanda ed il quarto al mondo! Un’area protetta di poco meno di 800 kmq, situata a metà tra Auckland e Wellington, la capitale del paese.
E’ una zona vulcanica; tre i vulcani più significativi: Tongariro, Ngauruho e Ruapehu.
Son luoghi molto belli, di natura “alpina” con boschi e foreste, muschi e licheni, ma anche tante specie endemiche (cioè esclusive di questi luoghi), tra cui il rarissimo kiwi, un uccello che non vola, simbolo del paese, ma ormai seriamente minacciato di estinzione. Il Tongariro è un’area protetta molto nota ed amata dai cultori del trekking. Ad avere un po’ di tempo sarebbe davvero il caso di fermarsi un po’. Lasciar riposare il camper e…mettere in moto le gambe!
Ma se avete poco tempo, almeno fermatevi al centro visitatori del parco a Whakapapa dove troverete una ottima esposizione dei valori naturali del luogo e delle possibilità di visita.
Lasciata questa bella montagna, ci dirigiamo verso lo stretto di Cook per raggiungere Wellington, tramite la statale n. 1.
Mount Bruce.
Giunti a Masterton raggiungioamo il Pukaha Mount Bruce national wildlife centre dove poter osservare in regime di semiliobertà una gran parte della fauna della Nuova Zelanda, tra cui molte di quelel specie in via di estinzione o minacciate.
Ci sono anche i Tuatara, rettili antichissimi che sembrano proprio dei piccoli dinosauri.
La capitale.
Eccoci quindi all’estremo sud dell’isola del nord. Siamo a Wellington, la capitale, seconda città del paese con poco più di 400 mila abitanti.
La città è un grande porto situato sullo stretto di Cook che separa North e South Island. Il nome è evidentemente derivato dal duca omonimo che vinse Napoleone a Waterloo.
Rispetto ad Auckland è molto più sonnacchiosa e provinciale. ma se paragonata a tutti i paesetti che abbiam visto nei giorni passati appar quasi senza confini.
La sua storia è quella di un porto e di una zona di quarantena durante le due guerre mondiali, ma è anche caratterizzata dalla presenza di una grande faglia tettonica che la interessa così da vicino da esporla a periodici micro terremoti. Ma la gente è assolutamente tranquilla e se ne parli con qualcuno ti sorride e ti dice “ma scusa e voi in Italia che vivete tutto intorno a vulcani attivi?”. Giusto, allora prendiamola con filosofia e avventuriamoci tra i vicoli o saliamo sul monte Victoria a vedere la panoramica dello stretto e della città.
Non mancate la visita al museo Te Papa Tongarewa, il più importante di tutta l’isola con esposizioni che riguardano la storia Maori e quella della colonizzazione, non solo britannica ma anche con attenzione alle altre popolazioni europee, come quella italiana.
Anche il museo Wellington merita, in quanto ricostruisce la vita sulle navi che han portato la gente sin qui dalle lontane regioni europee.
Percorrendo il bel lungomare della capitale, ci affacciamo sullo stretto di Cook, sognando di aver tempo per traversarlo e raggiungere South Island… magari un’altra volta. Ora consegniamo il camper e prendiamo l’aereo per Auckland e quindi per l’Europa.
Ma le foreste di Kauri, le spiagge infinite, gli stormi di uccelli confidenti e la serenità di questo cielo australe resteranno con noi.