Terzo capitolo di questo nuovo diario di viaggio settembrino, che dopo i primi due episodi (link 1, link 2) – entrambi a Salina – vede come protagonista principale l’isola di Filicudi. Un luogo chiamato con diversi appellativi misteriosi, le cui motivazioni non sono oggi del tutto chiare, e che in un remoto passato vantava sul proprio territorio un alto numero di bocche vulcaniche, oggi del tutto estinte.
È l’isola nota per il villaggio dell’Età del Bronzo ubicato a Capo Graziano (uno dei tanti vulcani spenti, peraltro), che ha dato vita alla denominazione di un ben preciso tipo di civiltà da parte degli archeologi, individuandone tracce in altri punti delle isole Eolie e mostrando affinità anche con culture geograficamente più lontane. Ma esistevano abitati addirittura anteriori all’Età del Bronzo medio, i cui resti sono ancora oggi evidenti al di sotto del monte stesso. Come lo sono anche alcuni manufatti molto più recenti, abbandonati nella zona sottostante, lambita dal mare, testimonianza di una tradizione etnoantropologica da scoprire per la sua importanza.
Filicudi sembra avere la Storia scritta su di sé, ormai però con lettere sbiadite; qualcosa di grande valore, che sta rischiando di sparire in quell’oblio in cui sprofonda ciò che viene dimenticato per sempre. Un autentico sacrilegio, oltre che un grande peccato. Memorie che andrebbero riprese, come i tanti sentieri che la attraversano con i loro esaltanti panorami. Tipo quello che porta al piccolo centro di Zucco Grande, luogo che si è cominciato a spopolare intorno agli anni ’50 del ‘900 a causa dell’emigrazione, fino a diventare con le sue case vuote e diroccate un autentico paese fantasma. È stata questa la meta del viaggio, verso un promontorio situato nella zona nord dell’isola che dopo un certo tratto può essere raggiunto solo tramite delle mulattiere; con quasi tutte le isole davanti, si dice che qui si possa ammirare il sole sia sorgere che tramontare.
C’è davvero qualcosa di arcano in questo posto, che la desolazione dell’abbandono riesce a chiarire solo in parte. Probabilmente, si tratta di tutti gli elementi fin qui menzionati (i ruderi, il panorama, i sentieri assolati, la Storia che va sparendo, l’emigrazione), il cui risultato percepito va oltre la somma delle parti e che non può essere spiegato a parole. Intanto, c’è qualcuno che sta tentando di recuperare delle case. Chissà cosa riserverà in futuro… Per i più curiosi, comunque, c’è anche una deviazione che porta alle Fontanelle, posto in cui l’acqua gocciola dalle rocce in un terreno argilloso e pieno di felci (vedi video su pagina Facebook).
Dopo tanto caldo, nonostante la suggestione antica del paesaggio, prima di far ritorno a Salina ci si è immersi nel mare di una delle spiagge locali per ritrovare le energie perdute durante il cammino. In serata, un altro degli sponsor selezionati nella mappa di Umarruggiu.it, il Pa.Pe.Ro. di Rinella, ha fatto gustare ottime pietanze come le spaccatelle all’eoliana, la parmigiana di melanzane e le polpette di totano, oltre alla loro inimitabile (nonostante i tentativi) granita di ricotta, granella di capperi e capperi canditi. Un accostamento che appare azzardato ma che invece si rivela vincente, grazie anche alla leggerezza della granita stessa.
Un eccellente modo per ristorarsi prima di andare a riposare e ripartire l’indomani per un altro viaggio. Stavolta più lungo. Prima a Lipari e poi direttamente verso Stromboli. Come sempre, diretti verso antichità, bellezza, tradizione e mistero.