VIAGGIO SULLE CIME DELLA ROMAGNA…BLOG 09

ZAMBOTREKKING, CRAL COMUNE E PROVINCIA DI RIMINI e

ANSPI SAN RAFFAELE RIMINI

presentano

VIAGGIO SULLE CIME DELLA ROMAGNA

QUARTA TAPPA

SAN LEO MINIERA 20,5 Km / dislivello positivo 1183 mt / dislivello negativo 1274 mt

 

I nostri amici si rimettono in viaggio… si parte da San Leo per raggiungere Perticara

 

Zambo: dopo questa buona colazione è ora di ripartire, ci aspettano molti km da fare!

Emma: ho riposato proprio bene, ci sono !

Gianluca: andiamo, Perticara arriviamo !

Zambo: ci dirigiamo verso Maiolo, paese noto per il suo famoso pane a base di farine locali e preparato con antichi metodi. Ogni anno a fine Giugno si organizza la Festa del Pane. Questo vecchio borgo è conosciuto anche per la Rocca di Maioletto (link video), che nel medio evo era considerata inespugnabile, al pari della Rocca di San Leo.

 

Gianluca: il castello era chiamato”Castrum Maiulus” inteso come castello minore rispetto al “Castrum Maius”, cioè quello maggiore di San Leo. Appartenne alla Chiesa, ai conti Faggiola di Casteldelci, ai conti Montefeltro di San Leo, ai Malatesta di Rimini ed al Ducato di Urbino fino a che, nel 1631, passò sotto il dominio dello Stato Pontificio. La sua posizione strategica rappresentava la chiave d’accesso alla vicina San Leo e per questo fu causa di dure lotte tra le signorie dei Montefeltro e dei Malatesta.

Emma: una rocca che ha avuto purtroppo un tragico destino!

Zambo: proprio così!… tra il 29 e il 30 maggio del 1700, dopo 40 ore di intensa pioggia una parte del monte franò travolgendo completamente il paese di Maiolo e provocando un centinaio di vittime, solo 4 case si salvarono miracolosamente.

I sopravvissuti si spostarono nelle zone limitrofe e dove oggi sorge Maiolo, che ne ereditò il nome. La rupe dove sorgeva il castello prese da allora il nome di Rocca di Maioletto.

Se guardiamo bene, la forma attuale della rupe deriva di quella tragedia. Infatti della vecchia fortezza sono rimasti solo alcuni tratti delle mura di cortina, due torrioni poligonali e i ruderi del borgo.

 

Gianluca: questo disastro ebbe anche un grosso impatto emotivo sulla popolazione locale che collegò subito quest’evento ad una punizione divina inflitta per una pratica particolare a cui sembra fossero dediti gli abitanti locali dentro le mura del castello nelle notti di luna piena, il cosiddetto “ballo angelico”, cioè una pratica orgiastica presente anche in tante storie dell’Italia rurale, ad esempio sui monti della Romagna, nel Casentino, in Maremma, in Garfagnana e in Irpinia che viene ritenuta dagli studiosi come un residuo di credenze ancestrali, un vero e proprio rito di fertilità praticato tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.

La fama sinistra del monte era in realtà già iniziata anni prima, difatti nel 1644 un fulmine aveva colpito il deposito delle polveri da sparo della fortezza distruggendo parte delle mura e della strada che conduceva al forte.

 

Emma: leggende a parte l’ipotesi più realistica è che la frana sia stata provocata dalle frequentissime piogge che hanno eroso lentamente il terreno del monte, in gran parte argilloso. In effetti le cronache del tempo riportano che in quegli anni ci furono quantità straordinarie di precipitazioni, causate a loro volta da cambiamenti climatici passati alla storia come la “piccola era glaciale” tra il 15° e il 19° secolo che colpì l’emisfero settentrionale.

Emma: quindi laggiù, sotto la rupe, sepolti dai detriti della frana e dall’argilla scomposta ci sono quindi resti del vecchio paese.

Zambo: esatto! Questa zona è caratterizzata da un paesaggio desolato calanchivo ma allo stesso tempo ricco di fascino. Ci si arriva facilmente tramite un sentiero che parte dalle case di Poggio, vicino al paese di Maiolo, e che si sviluppa su calanchi formati da argille con colori che vanno dal rosso al bruno, dal verdastro al giallo, dal grigio al nero, con ripide pareti ed ampie voragini che scendono a valle dove sono presenti anche grandi inghiottitoi.

 

Gianluca: impossibile non chiedersi come sia stato possibile costruire una cittadina in un terreno talmente instabile, costituito principalmente da fango secco. Lungo il percorso sono presenti magnifiche praterie che ricoprono in primavera parte dei calanchi e dove sono state censite ben seicento specie di piante! Questo è uno dei motivi per cui la zona è stata dichiarata d’interesse comunitario e quindi soggetta a protezione speciale da parte dell’Unione Europea come “Rupi e Gessi della Valmarecchia” che include anche il Monte della Perticara ed Monte Pincio. Alla fine dell’inverno questo spazio incontaminato è colorato da numerosissime farfalle. Il sentiero arriva fino alla Chiesa di San Rocco, l’unico edificio sopravvissuto alla frana.

Emma: …comunque l’alone di mistero di questo posto sembra continuare fino ad oggi. Infatti la gente del posto racconta ancora leggende di fantasmi vittime della frana che in quel luogo sembrano danzino di notte un ballo contadino senza fine mentre, di giorno, può capitare invece di imbattersi in cercatori di oggetti antichi muniti di metal detector!

Gianluca: questa Valmarecchia mi sorprende sempre di più con le storie incredibili dei suoi borghi!

 

Prossima tappa…

 

Emma: prossima tappa?

Zambo: Novafeltria, prima andremo su una via sterrata e poi su strada asfaltata con il Monte Pincio sul nostro orizzonte e San Leo ormai alle nostre spalle.